Anche in Europa inflazione record
- direzione167
- 5 giu 2022
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Eurozona/La Bce non prevede di aumentare i tassi come farà la Fed

di Alfonso Abagnale
ROMA. Galoppa l’inflazione nell’Eurozona, segnando record storici dall’introduzione della moneta unica venti anni fa. E mettendo pressione anche sulla Bce circa una riduzione degli stimoli monetari all’economia prima del previsto. Su base annua i prezzi al consumo sono saliti del 5% a dicembre dal 4,9% di novembre, secondo la stima preliminare di Eurostat, e contro le attese degli analisti per una inversione di tendenza, con un calo al 4,8%. A guidare la corsa dell’inflazione sono sempre i prezzi energetici, in rialzo del 26% il mese scorso, su anno, dopo il +27,5% di novembre, seguiti da cibo, alcol e tabacco (+3,2%, rispetto al +2,2% di novembre). Ma al netto di energia ed alimentari, l’inflazione core è stimata stabile al 2,6% a dicembre. Guardando ai Paesi membri sono Estonia (12%), Lituania (10,7%) e Lettonia (7,7%) a registrare i tassi più elevati mentre Malta (2,6%), Finlandia (3,2%) e Francia (3,4%) registrano i livelli più bassi. L’Italia, secondo Eurostat, segna a dicembre un’inflazione annua del 4,2%, inferiore quindi alla media europea. Da tempo la Banca Centrale Europea sostiene che l’inflazione nell’Eurozona rallenterà quest’anno, scendendo sotto l’obiettivo del 2%, e ha messo a punto una road map per uscire gradualmente dalle misure di stimolo. Nell’ultimo Consiglio direttivo di dicembre ha confermato che il piano di acquisti di titoli per l’emergenza pandemica Pepp terminerà a marzo, sostituendo parzialmente i mancati acquisti con il vecchio programma App (Asset Purchase Programme). In coincidenza con i dati di ieri, il capo economista della Bce, Philip Lane, ha spiegato che gli attuali livelli dei prezzi non dovrebbero essere interpretati in relazione agli andamenti storici ma sono parte di un “ciclo pandemico dell’inflazione” dove eventi straordinari nel corso di un triennio hanno visto i prezzi crollare prima di impennarsi rapidamente di nuovo. Lane ha anche ribadito che è “altamente improbabile” un intervento sui tassi di interesse per quest’anno da parte di Francoforte. In contrasto i mercati continuano a scommettere sul fatto che la Bce sarà costretta ad alzare i tassi prima del previsto proprio a causa dell’alta inflazione. Diversi economisti prevedono, invece, un raffreddamento quest’anno, anche alla luce del fatto che in Germania finirà l’effetto della riduzione dell’Iva. Tuttavia i prezzi energetici restano il “problema principale”, ha sottolineato sempre Lane. I l petrolio è schizzato oltre gli 80 dollari al barile sulla scia degli scontri in Kazakhstan e di problemi nella produzione in Libia a causa di conflitti fra le milizie. E alle pompe la benzina in versione self viaggia oltre 1,7 euro al litro mentre il servito vola oltre 1,8 euro al litro. E continua anche la corsa al rialzo del gas naturale in Europa, con i flussi dalla Russia che restano sempre bassi e con le tensioni in Kazakistan e Ucraina. Nella mattinata di ieri le quotazioni ad Amsterdam sono volate a 101 euro al Mwh, per poi ripiegare a 87 euro al Mwh dopo che il governo olandese ha annunciato che “potrebbe aumentare” al massimo la produzione nel suo giacimento di Groningen. La fiammata dei prezzi energetici impatta inevitabilmente anche sulla produzione industriale: a novembre è scesa sia in Germania (-0,2%) che in Francia (-0,4%), hanno reso noto gli Istituti di statistica dei due Paesi. Sui mercati neanche il Bitcoin viene risparmiato dal rialzo dei prezzi. La criptovaluta più popolare al mondo è crollata a 41.000 dollari, tornando sui livelli di settembre, dopo che la Federal Reserve ha indicato nei suoi verbali un aumento dei tassi prima del previsto e una riduzione del proprio bilancio per arginare l’inflazione, che negli Usa è al 6,8%. Lo scorso 10 novembre il Bitcoin aveva toccato il suo massimo storico a 69.000 dollari.
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