Anziana uccisa in una cascina
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Milano/A commettere l’orrendo delitto della 92enne un dipendente di nazionalità bulgara

di Manuela Messina
MILANO. Ha chiesto con insistenza all'anziana con cui aveva convissuto per più di quattro anni di prestargli qualche decina di euro e, al suo rifiuto, è esploso con tutta la furia di cui era capace. Ha preso da una mensola un barattolo di vetro pieno di marmellata e l'ha usato per colpirla alla testa, più e più volte, fino a quando Carla Quattro Bossi, 92 anni, non ha esalato l'ultimo respiro. Infine, dopo averle rubato alcuni monili tra cui la fede nuziale e poche centinaia di euro, ha fatto partire la lavatrice con i suoi vestiti sporchi di sangue ed è andato a ballare spendendo i soldi in alcol. Ha confessato l'orrendo delitto, provando confusamente a ricostruirne la dinamica, Dobrev Damian Borisov, il 22enne di nazionalità bulgara che era stato dato in affido alla famiglia del figlio dell'anziana quando era ancora mi- norenne ma aveva continuato a vivere nel "Podere Ronchetto”, alla periferia di Milano, anche dopo avere compiuto 18 anni. Prima grazie al "prosieguo amministrativo", un istituto che permette al Comune di seguire il ragazzo fino al compimento dei 21 anni. E dopo, per sua libera scelta, ricevendo vitto e alloggio in cambio di piccoli lavoretti di manutenzione. La cascina in cui viveva, alla periferia sud di Milano, ospitava progetti di integrazione per immigrati, a cui avevano accesso altri tre lavoratori: un uomo di nazionalità filippina, che viveva lì da anni, e due ragazzi originari del Gabon e del Senegal, ospiti da pochi mesi. "Non volevo ucciderla, ho avuto uno scatto di rabbia", sono state le sue prime parole dopo essere stato messo alle strette dagli inquirenti e dagli investigatori, a cui è apparso molto scosso e provato, ma anche molto nervoso e soggetto a scatti di ira. Quindi è stato fermato su disposizione del pm Gianluca Prisco e del procuratore aggiunto Laura Pedio, che hanno coordinato l'indagine della Squadra mobile di Milano, diretta da Marco Calì. Ad incastrarlo non solo l'impronta di una scarpa sul luogo del delitto, su cui ha lavorato alacremente la poli- zia scientifica e che è risultata compatibile con il suo scarpone, ma anche le dichiarazioni degli altri tre lavoratori della struttura, risultati totalmente estranei al delitto e che hanno riferito di avere sentito il rumore della lavatrice nella notte. La scena del crimine era molto alterata: la stanza era a soqquadro e c'era molto sangue. Dalle tracce ematiche sul pavimento è emerso inoltre che il corpo sarebbe stato trascinato. È emerso anche che i familiari dell'anziana avevano notato la mancanza di piccole somme di denaro nell'ultimo anno e mezzo. Al momento delle sparizioni, però, non avevano dato molto peso a questi epi- sodi. "È molto pentito e molto confuso sulle ragioni del suo gesto", ha detto il difensore del giovane, l'avvocato Angelo Morreale che ha detto che il giovane era "disperato". Per questo il legale sta valutando la richiesta di approfondimenti sul suo stato psicologico. Nei prossimi giorni il gip Carlo Ottone de Marchi, dopo l'interrogatorio di garanzia deciderà sulla richiesta di convalida del fermo e di custodia cau- telare in carcere per omicidio volontario e rapina.
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