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Asse tra Pechino e Teheran

DOPO L’UNIONE EUROPEA LA CINA SANZIONA ANCHE STATI UNITI E CANADA


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di Anna Lisa Rapanà

ROMA. Continuano i botta e risposta - in gergo ‘tit-for-tat’- fra Cina e Occidente sulle repressioni denunciate da Europa e America verso la minoranza musulmana degli Uiguri dello Xinjiang. Dopo le sanzioni dei giorni scorsi decise contro europei e britannici, Pechino oggi ha annunciato ulteriori ritorsioni, questa volta ai danni di “individui ed entità” statunitensi e canadesi. E intanto tesse una tela che va facendosi sempre più spessa grazie alla firma di un accordo con l’Iran: un patto di cooperazione strategica ed economica senza precedenti che lega per 25 anni i due Paesi colpiti dalle sanzioni statunitensi. Siglata a Teheran nelle scorse ore dal capo della diplomazia cinese, Wang Yi, e dal suo omologo iraniano Mohammad Javad Zarif, la storica intesa è frutto di anni di negoziati, che ad un certo punto avevano lasciato intravedere anche la possibilità di un capitolo militare poi svanito, oltre a suscitare non poche polemiche in Iran, con voci critiche che hanno denunciato il rischio di un assoggettamento al gigante cinese. A puntare il dito c’era anche l’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Le basi per l’accordo erano state poste fin dal 2016, durante un incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente Hassan Rohani a Teheran. La Cina poi, in qualità di principale partner commerciale dell’Iran e alleato “affidabile”, soprattutto dopo le sanzioni statunitensi del 2018, aveva accettato di aumentare il commercio bilaterale di oltre 10 volte fino a 600 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Il documento sul partenariato strategico non è stato ancora reso noto nei dettagli, ma conterrebbe clausole su tecnologia, economia e informatica strategica, e in particolare investimenti cinesi nei settori dell’energia e delle infrastrutture iraniane. “La cooperazione con la Cina aiuterà anche l’attuazione dell’accordo nucleare da parte dei firmatari europei e il rispetto degli impegni assunti nell’ambito dell’intesa”, ha esultato il presidente iraniano Hassan Rohani. In Cina intanto la ‘guerra diplomatica’ sfocia anche nel settore commerciale, fino a raggiungere le highstreet del Paese: almeno sei negozi di H&M, il colosso svedese dell’abbigliamento, sono stati chiusi in alcune parti della Cina a causa del rifiuto dell’azienda di acquistare il cotone dalla regione dello Xinjiang per le accuse di lavoro forzato. La Cina è uno dei cinque mercati più grandi per H&M in termini di ricavi con il 5,2% delle vendite totali del gruppo nel 2020.

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