Autostrade, entra lo Stato
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 4 min
DENTRO CASSA DEPOSITI E PRESTITI: L’AZIENDA DIVENTA UNA PUBLIC COMPANY

di Serenella Mattera
ROMA. Autostrade per l’Italia diventa una public company con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti: i Benetton vengono, sia pur con un percorso graduale, “estromessi”. L’azienda rinuncia alle cause, conferma 3,4 miliardi di risarcimenti, abbassa le tariffe. Ecco l’accordo, non scontato, raggiunto all’alba in Consiglio dei ministri. E’ un “inedito nella storia”, rivendica il premier Giuseppe Conte, che raggiunge l’obiettivo non facile di soddisfare i Cinque stelle, da Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista. Il Pd, con Nicola Zingaretti, rivendica il risultato e ne rende merito al premier. Matteo Renzi fa mettere a verbale un “si poteva fare di più e meglio”. Ma l’intesa arriva dopo una trattativa durissima con l’azienda e una nottata turbolenta, con momenti di tensione nel governo. E soprattutto, non è l’accordo finale. Lo stesso Conte si dice “abbastanza soddisfatto” e spiega che l’ipotesi della revoca è ancora sul tavolo: gli impegni contenuti in due proposte transattive di Aspi, vanno tradotti in un accordo “chiaro e trasparente”. L’opposizione già accusa il governo di aver fatto “un favore ai Benetton”. E anche in maggioranza c’è chi invita alla prudenza. Conte riceve gli applausi dei Cinque stelle in Senato: è il segno che il premier, con una trattativa ‘avvocatesca’ clausola su clausola, convince a benedire l’accordo anche chi da due anni invocava la revoca. E ora che lo stop alla concessione si allontana, Atlantia che lunedì aveva bruciato 1,6 miliardi in Borsa, fa un exploit a Piazza Affari, con un +26,65%. E’ l’elemento che porta le opposizioni, da Matteo Salvini alla forzista Maria Stella Gelmini, fino a Carlo Calenda, a dire che l’ingresso pubblico attraverso Cdp fa fare ai Benetton “un affarone”. “Questo accordo sa di fregatura”, dice il leader della Lega annunciando per la prossima settimana una mozione in Senato. L’intesa viene siglata quando sono passate le quattro del mattino, dopo cinque ore di negoziato durissimo e quattro diverse lettere dell’azienda che accolgono via via le richieste del governo. Sul piano azionario c’è quella che Conte definisce “l’estromissione della famiglia Benetton”: un aumento di capitale fa entrare Cdp (entro il 27 luglio la società avvierà il negoziato) in Aspi perché prenda il controllo della società; i Benetton, che attraverso Atlantia hanno oggi l’88%, scendono intorno al 10% delle azioni e non siedono più nel cda; la società viene quotata in borsa, con un’ulteriore diluizione dell’azionariato che, secondo i fautori dell’accordo, potrebbe portare nel giro di un anno all’uscita dei Benetton. L’operazione è assai complessa e lunga: in alternativa Atlantia ha proposto di vendere tutte le sue quote a Cdp. In contemporanea i ministri Roberto Gualtieri e Paola De Micheli seguiranno la transazione sugli altri aspetti della convenzione: Aspi rinuncia alla clausola che dava diritto ai mancati guadagni anche in caso di gravissimo inadempimento, accetta una forte riduzione delle tariffe e un aumento dei controlli,più investimenti in manutenzione e sicurezza, la rinuncia a tutte le cause contro lo Stato, da quelle sulla ricostruzione del ponte Morandi a quelle contro il decreto Milleproroghe che ha tagliato l’indennizzo per la revoca (ma non avrebbe rinunciato alla manleva per sollevare da ogni responsabilità lo Stato per eventuali ricorsi di cittadini). Anche qui, bisogna vedere come si chiuderà l’intesa. Il rischio di un favore ai Benetton c’è, dicono i renziani, che pure erano contrari alla revoca. Mentre nel Pd c’è chi avverte che il bilancio si traccerà alla fine: “Il diavolo è nei dettagli”, dice Andrea Orlando. E mentre Alessandro Di Battista ringrazia il premier per l’accordo raggiunto, anche Di Maio dice che la “revoca” non è esclusa se il risultato non sarà soddisfacente. Dietro la vicenda di Aspi c’è una partita più grande nella maggioranza e nel governo. Lo si vede nelle tensioni a margine del Consiglio dei ministri fiume che porta all’accordo, tra una pizza e un cornetto consumati in notturna. I Dem e Conte si rinfacciano il rimpallo di responsabilità rimbalzato sui giornali in questi giorni. De Micheli (bersaglio di qualche critica anche tra i Dem) non ha gradito le accuse di inerzia, il premier non manda giù la diffusione di una lettera datata 13 marzo con cui la ministra buttava la patata bollente nel suo campo. Intanto Bellanova fa trapelare il suo nervosismo, perché Conte con Gualtieri (e solo in un secondo momento De Micheli) si apparta a seguire il dossier. E i Cinque stelle, che da giorni esprimono malumori verso il premier, prima alzano la posta, definendo troppo lunghi i tempi di uscita dei Benetton, poi abbracciano l’accordo. “Nessuna tensione tra noi”, assicura il premier. Ma dal palazzo per tutta la notte trapelano malumori e preoccupazioni per la tenuta di un governo in continua tensione. A blindare Conte interviene Zingaretti, che abbracciando la linea della possibile revoca persegue il progetto di un’intesa larga con il M5s. Bisogna far reggere i gruppi parlamentari: prossimo appuntamento è lo scostamento di bilancio. Al Senato temono l’incidente. Ci si penserà oggi. Esultano Gualtieri e De Micheli, si sono “salvati posti di lavoro” dei dipendenti di Aspi.
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