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Biden riapre il Super Tuesday

CASA BIANCA 2020/STRAVINCE IN SOUTH CAROLINA, ORA ATTACCA SANDERS


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WASHINGTON. Joe Biden resuscita trionfando in South Carolina con il 48,4% dei voti grazie al sostegno della maggioranza nera, capitalizzando la popolarità acquisita anche come vice di Barack Obama. La sua prima vittoria nei primi quattro turni di primarie democratiche gli consente di riaprire la corsa rilanciandosi come il candidato moderato più forte e riconfermandosi come il principale rivale del frontrunner Bernie Sanders, che nel Palmetto State è arrivato secondo ma con uno stacco netto: 19,9%. Ora il senatore socialista ha 56 delegati, l’ex vicepresidente 48. Il miliardario Tom Steyer è arrivato terzo con l’11.3%: è la sua miglior performance ma ha deciso di ritirarsi lasciando in campo ora sette candidati. Sotto il 10% tutti gli altri: da Pete Buttigieg (8,2%) a Emy Klobuchar (3,1%), che vedono sgonfiarsi i loro sogni di insidiare la leadership moderata di Biden, sino a Elizabeth Warren (7,1%), l’altra faccia ma sempre più pallida della sinistra. “Big comeback”, il grande ritorno di Biden, sottolineano i media americani dopo le sue precedenti prestazioni deludenti. “Grazie South Carolina! Questa è la tua vittoria, la vittoria di chi è stato escluso e lasciato indietro. Insieme conquisteremo questa nomination e batteremo Donald Trump”, ha detto un radioso Joe davanti ai suoi fan finalmente in tripudio a Columbia. “Solo pochi giorni fa la stampa e gli esperti avevano dichiarato morta la mia candidatura. Ora, grazie a voi, il cuore del partito democratico, abbiamo vinto, e vinto alla grande”, ha esultato.“Da qui avete lanciato Bill Clinton, Barack Obama ed ora me, la mia campagna è decollata”, ha proseguito l’ex vice- presidente, che considerava questo Stato come il suo “firewall” ma anche la sua “rampa di lancio”. Poi ha ammonito: “Siamo ad un bivio, il partito deve scegliere: io sono un vero democratico, un democratico di lungo corso, orgoglioso di essere democratico”, ha sottolineato per con trapporsi a Sanders, che è un indipendente non iscritto al partito e si definisce un socialista. “Molti americani non vogliono le promesse di rivoluzione, vogliono risultati”, ha incalzato attaccando ancora il rivale. Biden ha cominciato a raccogliere i primi frutti del successo, aumentando la sua collezione di endorsement e la raccolta fondi: 18 milioni di dollari in febbraio, di cui 5 subito dopo aver stravinto in South Carolina. Ma adesso arriva l’ora della verità, quella del Super Tuesday di martedì, quando si voterà in 14 Stati (oltre a Samoa americane e seggi all’estero) che mettono insieme 1357 delegati, il 34,1% del totale.Dopo il ‘momentum’ dei primi turni di primarie bisogna fare i conti con la matematica. I pezzi grossi sono la California e il Texas, i due Stati più popolosi, che assegnano rispettivamente 415 e 228 delegati: in totale sono 643, ossia un terzo di quelli necessari per avere la maggioranza e quindi la nomination. Biden, insieme agli altri candidati, dovrà affrontare l’incognita del miliardario Michael Bloomberg, che scende in campo per la prima volta con l’obiettivo di diventare il campione dei moderati, anche se il trionfo dell’ex vicepresidente, soprattutto tra i neri, può arrestarne lo slancio. Ma il vec- chio Joe deve guardarsi soprattutto da Sanders, che nei sondaggi guida è piazzato in posizioni competitive in 12 dei 14 Stati interessati. E che nella raccolta fondi batte tutti: 45 milioni di dollari il mese scorso. Il senatore è in testa in California e in Texas, ma anche in Virginia (99 delegati) e nel Massachusetts (91 delegati), lo Stato della Warren. Se vincesse, soprattutto in California e in Texas, dove è forte l’elettorato ispanico che gli ha regalato anche il Nevada, potrebbe diventare irraggiungibile e ipotecare la nomination.

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