Biden-Xi: prove di tregua
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
USA-CINA/MA SU TAIWAN È SCONTRO: VERSO IL BOICOTTAGGIO DI PECHINO 2022

WASHINGTON. Sorridono Joe Biden e Xi Jinping mentre, appena collegati in stile videochiamata Zoom, si salutano agitando la mano come due vecchi conoscenti, ignorando il rigido protocollo. “Quante volte ci siamo visti in passato”, rompe il ghiaccio il presidente americano. “Sono felice di vedere un vecchio amico”, ricambia Xi, prima che il summit virtuale tra i due leader prenda il via assumendo toni molto più formali. Sta qui, forse, il risultato più importante di un faccia a faccia tanto atteso quanto carico di tensione, a causa delle disastrate relazioni tra due superpotenze che ormai competono a viso aperto e senza esclusione di colpi sul palcoscenico globale. In palio c’è la supremazia politica ed economica, costi quel che costi. E per evitare che la situazione degeneri e tentare di far ripartire il dialogo anche i sorrisi e le cordialità servono, seppure a distanza di decine di migliaia di chilometri. Ma la vecchia frequentazione di quando entrambi i presidenti erano numeri due (uno di Barack Obama, l’altro di Hu Jintao) può aiutare a tessere le fila di una futura auspicata distensione. “Non solo davanti ai nostri popoli ma davanti al mondo intero abbiamo la responsabilità di gestire la competizione tra i nostri due Paesi con buon senso, evitando il conflitto”, l’appello di Biden che Xi accoglie con una metafora: “Stati Uniti e Cina sono due navi che devono riuscire ad affrontare i venti e le onde dell’Oceano senza mai scontrarsi”. A queste dichiarazioni di intenti però nelle oltre tre ore di confronto non è seguita alcuna svolta significativa nelle relazioni tra i due Paesi. Né al termine è stato possibile arrivare a una dichiarazione congiunta, proprio come accadde nel summit con Donald Trump nel 2019. Troppe le distanze, su troppi punti. Anzi, sul caso Taiwan si è rischiato un clamoroso scontro. Da una parte Biden ha messo in guardia Pechino dal mettere in campo azioni unilaterali che alterino lo status quo e la pace e la stabilità nella regione. Dall’altra Xi ha tirato la sua linea rossa: “Cercare l’indipendenza di Taiwan vuol dire giocare con il fuoco. E se questa linea verrà superata, dovremo intraprendere azioni decisive”. E’ stato questo il momento più teso, con le parole dei due leader che hanno gelato il clima sia nella Roosevelt Room della Casa Bianca sia nella East Hall della Grande Sala del Popolo. E a dimostrare che Pechino non scherza, nelle stesse ore del confronto ben otto caccia cinesi hanno fatto la loro incursione nello spazio aereo di Taiwan, per ricordare agli Usa e a tutto il mondo che esiste ‘una sola Cina’. Il dialogo tra i due leader, affiancati dai rispettivi capi della diplomazia Antony Blinken e Wang Yi, è proseguito “franco e diretto”, senza che si siano fatti sconti l’un l’altro. L’inquilino della Casa Bianca si è detto molto preoccupato per quella che gli Usa considerano una violazione dei diritti umani nelle regioni dello Xinjiang, del Tibet e ad Hong Kong. E su questo punto, riporta il Washington Post, Biden sarebbe pronto entro fine novembre ad annunciare in segno di protesta il boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022, in programma a febbraio. E dire che alla vigilia del summit si ipotizzava un invito a Biden esteso da Xi per la partecipazione ai Giochi. Il presidente americano ha poi richiamato la Cina a rispettare le regole sul fronte economico e commerciale, parlando di “pratiche inique” che danneggiano le imprese e i lavoratori americani. Xi da parte sua ha esortato Biden, in un momento di chiara difficoltà in casa, a dimostrare a pieno la sua leadership e a “spingere la politica degli Stati Uniti nei confronti della Cina a tornare su un binario razionale e pragmatico”, rispettando “i principi del rispetto reciproco, della pacifica convivenza e di una cooperazione vantaggiosa per entrambe le parti”. I punti da cui partire e su cui trovare un terreno comune ci sarebbero: la lotta ai cambiamenti climatici per esempio, come dimostra l’accordo Usa-Cina raggiunto a sorpresa alla Cop 26 di Glasgow, grazie anche al gran lavoro diplomatico dell’ex segretario di stato Usa John Kerry. Oppure la collaborazione sul fronte dell’energia e su quella delle forniture, la cui catena si è inceppata a causa della pandemia, mettendo a rischio l’intera ripresa globale. Ma per il momento tra Washington e Pechino rimane ben più di un oceano di distanza
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