Blitz antimafia a Palermo
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
OTTO ARRESTATI: C’È ANCHE GIUSEPPE COSTA, FRATELLO DELLA VEDOVA SCHIFANI

PALERMO. Blitz della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Palermo con provvedimenti restrittivi nei confronti di otto presunti affiliati alla famiglia mafiosa del quartiere Arenella, una delle più rappresentative del mandamento di Palermo-Resuttana.Le persone arrestate sono accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa ed altri reati. I particolari dell’operazione, denominata in codice ‘White Shark’, sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa a Villa Ahrens, sede del Centro operativo Dia di Palermo.Tra gli arrestati dalla Dia di Palermo spiccano il boss Gaetano Scotto e Giuseppe Costa, fratello di Rosaria, la vedova di Vito Schifani, uno dei tre poliziotti morti nella strage di Capaci col magistrato Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, il 23 maggio ’92. Costa, ufficialmente solo un muratore incensurato di 53 anni, avrebbe riscosso il pizzo per il clan dell’Arenella.Nel corso dell’operazione White Shark, oltre a Gaetano Scotto, sono stati arrestati i suoi duie fratelli: Pietro e Francesco Paolo. Gaetano Scotto è una delle dieci persone accusate ingiusta- mente della strage di via D’Amelio e adesso parte civile nel processo sul depistaggio che è in corso a Caltanissetta. Anche, Pietro, tecnico di una società di telefonia, è stato coinvolto nell’inchiesta sull’uccisione di Paolo Borsellino. Era stato accusato di aver captato la chiamata con cui il magistrato comunicava alla madre che stava per andare a farle visita nella sua abitazione di via D’Amelio. Pietro Scotto, condannato in primo grado, era stato poi assolto in appello.Gaetano Scotto è indagato anche per l’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida insieme al boss Nino Madonia. Nei giorni scorsi il procuratore generale Roberto Scarpinato, ha inviato un avviso di chiusura indagine, che prelude a una richiesta di rinvio a giudizio. Agostino e la moglie furono assassinati davanti alla loro casa di villeggiatura a Villagrazia di Carini la sera del 5 agosto 1989. In questi 31 anni l’inchiesta siè dovuta confrontare con molte ombre e con tentativi di depistaggio contro i quali si è battuto il padre di Nino, Vincenzo Agostino. Scotto ha sempre negato di appartenere alla mafia e di essere coinvolto nell’omicidio di Villagrazia di Carini.Gaetano Scotto sarebbe stato anche destinatario di un “omaggio” deferente nel corso di una processione religiosa. Scotto venne scarcerato il 21 gennaio 2016 da Rebibbia. “Al suo rientro all’Arenella trovò un intero quartiere ad attenderlo - raccontano gli investigatori dalla Dia -. Un rione che gli ha mostrato devozione e rispetto, documentati, ad esempio, nel corso della festa di Sant’Antonio, patrono della borgata marinara, che si svolse il 13 giugno, pochi mesi dopo la sua scarcerazione”. Nel corso di un colloquio telefonico con la fidanzata di allora, Giuseppina Marceca, Scotto interruppe la conversazione affermando che per fare passare il Santo ‘aspettavano lui’”.“Come se non bastasse, - sottolineano gli investigatori - i due fidanzati salirono su un peschereccio, a bordo del quale fu posizionata la ‘vara del Santo’ per essere trasportata via mare secondo le regole della processione che, peraltro, vietano in maniera categorica che sull’imbarcazione possano salire persone diverse dal sacerdote che officia la funzione e dalla banda musicale”.Il capocentro della Dia palermitana, colonnello Antonio Amoroso, dopo la conclusione dell’operazione White Shark ha affermato: “Sì, per noi e per la Procura, Gaetano Scotto è personaggio di grossissimo spessore, e lui stesso ne era consapevole, visto che nel corso del tempo ha adottato ogni precauzione per apparentemente abbassare il proprio profilo criminale. A poco gli sono valse le accortezze che ha adottato nel tempo, come quella di impartire ordini di natura criminale in maniera itinerante, sempre in luoghi diversi; a poco sono valse queste precauzioni perché siamo riusciti ad acquisire elementi probanti che sono stati condivisi prima dalla procura e poi dal gip di Palermo”.“Le indagini sono partite non appena è avvenuta la sua scarcerazione, consapevoli che quella era un’area in cui la sua presenza criminale insisteva in maniera tangibile - ha aggiunto Amoroso -. E’ stata registrata una sorta di acclamazione, di apoteosi, all’indomani della sua scarcerazione da parte di alcuni fasce sociali di quell’area urbana, tanto da farlo salire anche a bordo dell’imbarcazione in occasione della festa di Sant’Antonio che portava la statua del patrono, cosa inconsueta per quel tipo di cerimonia”.
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