Bologna: dov’è la verità?
- direzione167
- 5 giu 2022
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PRIMO PIANO \ Quarantuno anni fa, il 2 agosto 1980, la strage fascista alla stazione ferroviaria che causò la morte di 85 inermi cittadini e il ferimento di oltre 200 persone. Desecretazione degli atti e sampietrini per ricordare le vittime

di Paola Milli
DOPO 41 anni si cerca ancora la verità sui mandanti della strage di Bologna, che quel sabato d’agosto in piena estate, alle 10,25 si accanirono con ferocia assoluta contro inermi cittadini, in gran parte studenti, operai, gente del popolo, che si accingeva a fare ritorno ai luoghi di origine per trascorrere qualche giorno di vacanza. Dopo lunghi decenni di oscurità e depistaggi, dal 1988 al 2020 si sono avute undici sentenze e cinque gradi di giudizio, ora finalmente, siamo vicini alla verità sui mandanti, come ha ricordato Giuliano Turone, l’ex magistrato che scoprì gli elenchi della P2. Il 2 agosto 1980 a Bologna vennero strappate alla vita 85 persone e più di 200 rimasero ferite, molte con tracce permanenti, da un esplosivo ad alto potenziale. Il 41esimo anniversario dell’attentato più grave che l’Italia ha subìto in tempo di pace ha avuto inizio con una cerimonia in Comune nella città ferita a morte, che ha saputo rialzarsi e lottare con tenacia e determinazione. Ne è prova soprattutto l’esistenza dell’associazione dei familiari delle vittime, di cui è presidente Paolo Bolognesi, nata il primo giugno 1981. Sono intervenuti in presenza nella sala del Municipio, accolti dal sindaco di Bologna Virginio Merola, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, per il quale “il governo ricorda che giustizia è difesa della legalità e la scuola è il luogo dove si fa crescere il senso della legalità”, e la ministra della Giustizia Marta Cartabia. Quest’ultima ha parlato della strage di Bologna come di “un fatto opaco e oscuro, sordo, perché mosso dal nichilismo, che ha bisogno di dilaniare il corpo dell’altro, cittadino comune, innocente, e con lui smembrare il ‘body politic’, l’unità politica e democratica di un popolo che si riconosce in una nazione. Il 2 agosto 1980 rappresenta un attacco a tutto il popolo italiano e al cuore della Repubblica, la violenza genera una dinamica mostruosa, persegue l’odio, alimenta altra violenza. E’ una legge della storia umana, la nostra epoca non ne è immune, coinvolge il presente, mutano le forme e i modi di trasmissione, tuttavia nella cultura del nostro tempo trova facile dimora l’odio feroce che rifugge dalla comunicazione, creando nemici senza nome nell’intento di annientarli. Quando il confronto viene meno, è impossibile ricomporre il conflitto che lascia prevalere la logica dell’amicus-hostis, amico-nemico, il gesto di terrore provoca nell’altro quel silenzio di morte tristemente noto. C’è bisogno di una parola di giustizia che rinnovi con vigore la memoria e il valore delle persone che sono morte, di quelle che recano segni indelebili nella carne, delle loro famiglie, per questa ragione siamo qui”, ha affermato Cartabia. “Bologna sappia di poter contare su di me”, ha aggiunto la ministra della Giustizia, “il processo in corso è una necessità per la storia del Paese, la stazione di Bologna è uno snodo storico dell’Italia”. Cartabia rinnova la promessa di scoprire nuove verità sui mandanti della strage nel processo ancora in corso per stabilire la responsabilità di altri neofascisti, come la Primula Nera Paolo Bellini; la nube, che ha nascosto così a lungo le colpe, ha ricordato, lentamente si sta sollevando. Intensa la dichiarazione rilasciata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha evidenziato come l’impegno degli uomini dello Stato, sostenuti dall’esigente e meritoria iniziativa dell’Associazione tra i Familiari delle vittime, abbia portato a conclusioni giudiziarie che hanno messo in luce la matrice neofascista della bomba esplosa la mattina del 2 agosto 1980. Non tutte le ombre sono state dissipate e con vigore e fermezza si cerca ancora dopo 41 anni la completa verità su un attentato dinamitardo compiuto da menti ciniche che perseguivano la destabilizzazione della democrazia italiana, provocando la morte di donne e uomini inermi, di bambini innocenti. I bolognesi e gli italiani reagirono con sofferto coraggio, praticando una solidarietà concreta, affermando un forte spirito di unità di fronte al gesto eversivo diretto contro il popolo italiano, sostenendo le domande di verità e di giustizia dei familiari e dei superstiti che hanno reso questo evento disumano un motore di riscatto civile e un monito da trasmettere alle generazioni più giovani. Il Capo dello Stato ha, infine, ricordato come la Repubblica abbia saputo respingere la strategia dei criminali, difendendo i principi di civiltà conquistati con la lotta di Liberazione, nella certezza che il patrimonio di valori e di umanità, che sostiene le fondamenta della nostra società, sia percepito sempre più come un bene comune indivisibile. Fare memoria è un dovere oggi e sempre, per essere certi che gli errori commessi non si ripetano e per garantire giustizia a tutti coloro che hanno perso la vita quella mattina di agosto, ha scritto il presidente del parlamento europeo sindaco di Bologna. Per Sassoli rimangono senza risposta tanti interrogativi di una pagina della storia italiana che ci deve ricordare il pericolo rappresentato dal fascismo nella vita democratica, avere una memoria storica significa sentirsi parte di una comunità che tutela i suoi cittadini, una mezza verità non è una verità. Emerge nitido il ricordo del dramma di quel giorno lontano, che ha fermato il cuore dell’Italia repubblicana e democratica, nel messaggio che la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati ha inviato al sindaco Merola, evocando “lo scenario di guerra in cui donne, uomini e bambini innocenti sono stati lo strumento di un disegno folle, lucido e imperdonabile, per colpire al cuore le fragili conquiste di una democrazia ancora troppo giovane e inesperta”. Non ha mancato Casellati di ribadire quanto sia rigoroso l’obiettivo di trasparenza, accessibilità e conoscenza a cui continua a credere, per il quale è decisa a proseguire, come ha promesso, l’opera di desecretazione degli atti delle Commissioni di inchiesta che hanno lavorato sulle grandi stragi del passato, affinché l’Italia di oggi e quella di domani non dimentichino mai ciò che è stato e che non deve più accadere. A distanza di oltre quattro decenni, ha posto in luce il presidente della Camera Roberto Fico nel messaggio inviato al sindaco di Bologna Virginio Merola, non abbiamo ancora una piena verità sulla strage. Ciò è inaccettabile, recita il messaggio del presidente Fico, per le vittime e per le tante famiglie colpite, provate dal dolore, dal senso di frustrazione e di impotenza, e per uno Stato di diritto, fondato su principi di trasparenza, coesione sociale, giustizia e democrazia, diviene impossibile da tollerare. Le novità di questo anniversario 2021, ha affermato il sindaco Merola, sono gli ’85 sampietrini della memoria per ricordare le vittime della strage, collocati a 13 metri di distanza, lungo il percorso che da Piazza Nettuno arrva alla stazione. Le pietre sono state disegnate insieme a un gruppo di studenti dell’Accademia delle Belle Arti, da quest’anno sul nostro cammino ci sono le targhette con i nomi delle vittime incastonate nella strada, ogni volta che vi passeremo accanto, camminando, ci ricorderemo di queste madri, padri, figli ognuno con la propria storia, i propri sogni e speranze e un futuro brutalmente interrotto. E’ compito nostro e delle future generazioni ha dichiarato Merola, intervenuto in piazza Medaglie d’Oro, davanti alla stazione, dopo il minuto di silenzio in memoria delle vittime, che non vengano dimenticati, la memoria è un processo collettivo e va tenuta viva. “Avete restituito dignità alla Repubblica, non avete mai arretrato nel chiedere la verità”, ha affermato il sindaco rivolto all’Associazione tra i Familiari delle vittime, nel conferirle il Nettuno d’Oro. E’ commosso, Merola, spiega che il suo impegno civico durerà per tutta la vita, mentre quello politico sta per concludersi. Riveste un profondo significato che l’installazione permanente, ideata da Aldo Balzanelli, scaturisca dal lavoro di tre associazioni, “Cantiere Bologna; 6000 Sardine; Cucine Popolari” alle quali si è unito il coinvolgimento attivo del Comune e dell’Associazione tra i familiari delle vittime. Questo significa impegno civico, con le istituzioni vicine a chi ha subìto perdite incommensurabili e inaccettabili eppure ha lottato senza sosta per vedere trionfare verità e giustizia, ha dichiarato il primo cittadino del capoluogo emiliano. E’ bene rammentare il manifesto della commemorazione che rafforza la nostra democrazia e restituisce dignità al Paese: “Svelare mandanti e depistatori nascosti nelle strutture dello Stato”. Presente in corteo, aperto dal bus 37, lo storico mezzo che trasportò i morti all’obitorio e dall’autogrù che il 2 agosto aiutò nei soccorsi i vigili del fuoco, l’ex premier Giuseppe Conte per il quale “la strage ha squarciato il cuore di Bologna, la verità certo non può lenire il dolore dei parenti, ma aiuta la coscienza civile”. Ogni anno nell’ora della strage tre fischi di un treno precedono l’inizio del minuto di silenzio, durante la messa in ricordo delle vittime il cardinale vescovo di Bologna Matteo Zuppi ha invitato, “con ostinazione chi sa qualcosa, che potrebbe aiutare le indagini, a parlre per far giungere frammenti di verità”. E’ un discorso che ripercorre la storia politica dell’eversione fascista, quello imbastito dal presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime, Paolo Bolognesi, dal palco di piazza Medaglie d’Oro, ricordando che un filo nero lega Portella della Ginestra alle stragi del ’92; è una verità acquisita che gli apparati dello Stato entrano in campo ogni volta per occultare le trame eversive, lo confermano per ogni strage le relative sentenze. E’ un fatto appurato, dichiara Bolognesi, che l’estrema destra fu protetta dai servizi segreti, sangue coperto da un flusso di denaro inarrestabile, lo aveva bene compreso Giovanni Falcone, la cui memoria il terrorista fascista Giuseppe Valerio Fioravanti ha tentato di infangare ancora nel recente processo Cavallini. La stampa nazionale mostra indifferenza nei confronti del processo in corso ai mandanti, sono ancora in tanti a voler nascondere la verità, se almeno la metà degli italiani, ha concluso Bolognesi, conoscesse un quarto di quello che già è stato accertato saremmo una democrazia più vigile e matura. Il 23 novembre 1995 la sentenza definitiva della Corte di Cassazione ha condannato all’ergastolo per strage, quali esecutori materiali, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro; per depistaggio Licio Gelli, Francesco Pazienza, Giuseppe Belmonte e Pietro Musumeci; per banda armata Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Gilberto Cavallini ed Egidio Giuliani. Da aprile 2009 Giusva Fioravanti è un uomo libero; Francesca Mambro dal 2013 è una donna libera; Luigi Ciavardini dal 2009 è in semilibertà e Gilberto Cavallini attualmente è in semilibertà. Nessuno dei condannati ha mai riconosciuto la sua responsabilità nella strage, Mambro e Fioravanti definirono il crimine “odioso ed estraneo alla loro cultura”.
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