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Cattolica cade in Borsa. Minali: “Sbagliato sfiduciarmi”

Ferraresi conferma la strategia: rispetteremo il piano. Ivass monitora


di Paolo Algisi


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MILANO. Risveglio amaro per Cattolica all'indomani della decisione del Cda di sfiduciare il ceo Alberto Minali, togliendogli le deleghe e assegnandole al direttore generale Carlo Ferraresi. Il titolo in Borsa ha accusato il colpo, chiudendo in calo del 4,4%, con gli analisti pre- occupati da possibili contraccolpi sul piano industriale e rassegnati a un rinvio sine die della trasformazione in spa. Equita ha tagliato il giudizio a 'hold' e il target price a 9 euro mentre Banca Imi ha messo sotto esame la sua valutazione. "Temiamo che la fase di transizione seguente l'uscita" di Minali "possa portare a qualche defocalizzazione del gruppo nei prossimi mesi e rallentare l'esecuzione del Business Plan, i cui target erano stati recentemente definiti da Minali come raggiungibili, ma ambiziosi alla luce del contesto sfidante dei tassi di interesse", il commento di Equita. L'avvicendamento, scrive Banca Imi, è "negativo" sia perché la società si trova nel bel mezzo "dell'implementazione del piano", sia perché "svanisce" la possibilità (remota) di trasformazione in spa. "Non cambia nulla nella strategia di business e continueremo a lavorare per rispettare gli obiettivi del piano industriale", ha spiegato Ferraresi ai suoi collaboratori. "I numeri dei primi due trimestri - ha detto - ci confortano e se non interverranno eventi negativi ci fanno prevedere un anno positivo". Giovedì Minali aveva scritto una mail ai dipendenti parlando di "decisione profonda- mente sbagliata". "Ho appreso questa notizia nella stessa sessione consigliare, non senza sorpresa e con quel senso di amarezza che si sperimenta quando si sa, in coscienza, di aver compiuto il proprio dovere professionale", ha detto il manager, rivendicando di aver riportato Cat- tolica ad essere "una azienda profittevole", "capace di crescere in un contesto difficile, aperta alle sfide, radicata sul territorio". All'origine dello strappo ci sarebbe una diversa visione tra Minali e il presidente, Paolo Bedoni, sull'evoluzione della governance. Con l'ex ad disposto ad accelerare la trasformazione in spa per assecondare la crescita del gruppo che, senza l'addio al voto capitario, difficilmente avrebbe potuto chiedere risorse al mercato, come sarebbe stato necessario per diventare partner di Ubi nella bancassicurazione. Un accordo che Minali avrebbe voluto fare ma che il cda, in gran parte schierato con Bedoni, ha bocciato la scorsa estate. Non a caso il Consiglio, nella nota di giovedi, ha ribadito l’impegno a difendere i valori fondanti e il modello cooperativo". Una distanza incolmabile, a cui si sarebbero aggiunte incomprensioni e diversità che hanno reso "non fluida, distesa e positiva" la relazione tra ad e Cda. Minali per ora resta in consiglio mentre nella base alcuni soci si stanno muovendo per chiedere un'assemblea straordinaria e rivedere la governance. Una situazione complessa su cui è ragionevole attendersi uno stretto monitoraggio da parte dell'Ivass, che vorrà certamente capire cosa è successo e assicurarsi che non ci siano contraccolpi sulla gestione.

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