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Ci risiamo, caccia all’uomo

GRAZIANO MESINA SCOMPARE DOPO LA CONDANNA A TRENT’ANNI DI CARCERE


di Andrea Frigo



NUORO. Mentre a Roma, alle 22.30 in punto, veniva pronunciata la sentenza della Corte di Cassazione che confermava la condanna a 30 anni di carcere per Graziano Mesina, lui - l’ex primula rossa del banditismo sardo - ora 78enne, si era già allontanato dalla sua casa di Orgosolo, dove ha trascorso l’ultimo anno con obbligo di firma nella caserma dei carabinieri, facendo perdere le sue tracce, all’insaputa anche delle sue avvocate, Maria Luisa Vernier, che era con lui sino a poco prima, e Beatrice Goddi, che si trovava in aula a Roma. “Non ci aspettavamo il rigetto del ricorso perché c’erano dei punti relativi alla competenza territoriale su cui puntavamo”, ha detto l’avv. Goddi. Mesina, dunque, è di nuovo latitante, anche se - secondo indiscrezioni - avrebbe già iniziato una trattativa con le forze dell’ordine per la resa, voci però non confermate dagli inquirenti. Specialista in evasioni spettacolari, dopo le tante condanne subite nella sua lunga ‘carriera’ di bandito, è di nuovo alla macchia, chissà se nascosto in quelle zone impervie del Supramonte dove teneva nascosti i suoi ostaggi e dove, nel recente passato, accompagnava i turisti nella sua nuova vita da guida escursionistica. Da uomo libero si era parlato di lui anche per una possibile partecipazione alle trasmissioni Grande Fratello e L’Isola dei Famosi. Poi però era stato intercettato dai carabinieri e finito sotto inchiesta per un traffico internazionale di droga e associazione a delinquere. “Per me quella condanna è stata come se mi avessero dato la pena di morte”, aveva commentato dopo il primo verdetto, ribadendo la sua innocenza dall’accusa rispetto alle ultime contestazioni che lo avevano riportato in carcere. E di tornare dietro le sbarre, ‘Grazianeddu’ non ne ha nessuna intenzione. Era stato scarcerato tra le polemiche il 7 giugno 2019 e aveva fatto ritorno a Orgosolo dopo sei anni trascorsi a Badu e Carros. Liberato per decorrenza dei termini di custodia cautelare a causa del mancato deposito delle motivazioni della sentenza di condanna di secondo grado. Le motivazioni arrivarono poi a ottobre dello stesso anno: 174 pagine scritte dal presidente della Corte d’appello di Cagliari in cui si stabiliva che il ricorso presentato dai legali non scalfiva il quadro probatorio raccolto dalla Direzione distrettuale antimafia. Per queste accuse Mesina era stato arrestato il 10 giugno 2013, a seguito di un blitz delle forze dell’ordine che sgominò due bande (26 affiliati in tutto, tra Orgosolo, Cagliari e la penisola). Sino a quel giorno, e per nove anni, era stato di nuovo un uomo libero a seguito della grazia concessa nel 2004 dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, grazia poi revocata con la condanna diventata adesso definitiva. Orgosolo ora è di nuovo sotto assedio delle forze dell’ordine, come nei tempi bui del banditismo. Polizia e carabinieri lo cercano ovunque con posti di blocco, interrogatori e perquisizioni, le prime a casa delle due sorelle: Peppedda, nella cui abitazione Mesina ha vissuto nell’ultimo anno, e Antonia. “Graziano è venuto ieri mattina a casa, poi non lo ho più visto né sentito, non ho idea di dove possa essere”, ha detto quest’ultima, chiedendo poi di essere lasciata in pace. Il comando dei carabinieri ha mobilitato tutto il personale disponibile, impegnata nei rastrellamenti anche la Polizia con gli agenti del Commissariato del paese e il personale della Squadra mobile e delle volanti di Nuoro. Tutto inutile: Mesina è uccel di bosco.

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