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Conte apre a Forza Italia

DIALOGO SULLA MANOVRA MA NON SUL GOVERNO. IL PREMIER LAVORA A DUE NUOVI DECRETI



ROMA. Sì al dialogo con Forza Italia sulla manovra e sul nuovo scostamento di bilancio, no a un ingresso di Forza Italia in maggioranza. A sera, Giuseppe Conte tira le fila del dibattito che si è aperto nella sua maggioranza. Chi, dal Pd e Iv, spinge per raccogliere la disponibilità di Silvio Berlusconi a votare il nuovo scostamento di bilancio, lo descrive prudente, quasi un frenatore. “Non è vero”, affermano da Palazzo Chigi. Ma dialogare non vuol dire “esplorare un allargamento della maggioranza o una commistione di ruoli”: non se ne parla di “riorganizzare il perimetro delle forze che sostengono il governo”. E - Matteo Renzi è avvertito - il premier resta allergico anche alla parola rimpasto. La crisi morde, il disagio “sociale e psicologico” cresce: il governo prepara un nuovo scostamento di bilancio per finanziare, con altro deficit, due nuovi decreti per dare fiato all’economia e contrastare le “nuove diseguaglianze”. Ecco perché, nel giorno in cui la manovra arriva in Parlamento, Conte fa sapere di guardare già oltre: quanto fatto finora, dice agli imprenditori riuniti nell’assemblea della Fipe Confcommercio, “non è sufficiente”. Il premier fa perciò suo l’invito del presidente Mattarella a “fare squadra” per affrontare i nuovi sacrifici che ci sono da fare. In Parlamento “la maggioranza è salda ma sarebbe irragionevole non dialogare” con chi offre il suo “contributo costruttivo”, è il pensiero del premier. Al contrario. Conte fa sapere di aver dato mandato ai capi delegazione e, per il loro tramite, ai capigruppo di “stabilire un percorso di dialogo e collaborazione”. L’ipotesi, frenata però dal M5s e da una parte degli azzurri, è che a Fi venga assegnato il relatore di minoranza sulla manovra. L’idea più ampia è una “super-capigruppo”, con tutti i capigruppo di Camera e Senato, che funga da cabina di regia in Parlamento (ma qui è la Lega a frenare). Il tentativo di fare squadra stenta, insomma, a decollare. Anche perché riemergono tensioni tra i partiti di governo, dalle infrastrutture al Recovery plan, fino al Mes. La prossima settimana in Parlamento dovrebbe arrivare la richiesta di un nuovo scostamento di bilancio da almeno 20 miliardi, per finanziare un decreto ristori “ter” e un altro decreto più ampio. Il primo completerebbe il quadro degli interventi già previsti dal decreto Ristori 1 e bis, dando aiuto alle attività delle Regioni che sono passate dalla fascia gialla a quella arancione o rossa. Il secondo, per il 2021, dovrebbe dar fiato, con misure anche per le attività che non hanno chiuso, a un’economia sempre più in affanno sotto i colpi del Covid: potrebbero esserci sgravi fiscali sugli affitti commerciali, anticipa il premier. Sul nuovo scostamento di bilancio, che si dovrà votare a maggioranza assoluta tra il 25 e il 26 novembre, Nicola Zingaretti sta cercando di coinvolgere l’opposizi ne, in particolare Forza Italia. Silvio Berlusconi assicura di non voler passare alla maggioranza ma di voler “collaborare” per arginare la “tragedia nazionale”: “Siamo pronti a votare il nuovo scostamento di bilancio”, dichiara. I Dem smentiscono che il dialogo sia il preludio ad un allargamento della maggioranza: “Vogliamo far capire a Conte che dialogare gli conviene, perché un crisi così grande da solo non la governa e rischia di sbagliare ancora, come sulla Calabria”, dice un deputato. Ma dell’ipotesi di ingresso di Fi in maggioranza Matteo Renzi parla apertamente e fonti di Iv sostengono che Conte voglia evitarlo perché “porterebbe a un rimpasto che potrebbe rimettere in discussione la stessa figura del presidente del Consiglio”. Il tentativo di dialogo sembra però infrangersi su due fattori. Il primo è il tentativo del centrodestra di restare compatto: non solo Berlusconi non si stanca di smentire un suo ingresso in maggioranza, ma la stessa Lega e Fdi non escludono di votare lo scostamento, se il governo darà se gnali “seri” sulle proposte di opposizione. Matteo Salvini, che insiste per il taglio dell’Iva, incontra il presidente di Confindustria Carlo Bonomi e dice di essere con lui “sulla stessa lunghezza d’onda”, poi accusa Conte di non accogliere la sua disponibilità al dialogo, “nonostante l’invito di Mattarella a farlo”. Il secondo fattore che frena la collaborazione è interno alla stessa maggioranza. Lo dimostra la vicenda del relatore di minoranza della manovra (in ipotesi, Renato Brunetta): l’idea era affiancarlo al relatore di maggioranza per lavorare davvero insieme. Ma il tentativo si infrange sul no del M5s: “Alcuni di noi farebbero barricate”, dice un deputato. “Dialogo con le opposizioni in Parlamento è fondamentale ma Berlusconi al governo con noi non esiste”, sintetizza a sera Stefano Buffagni, dando voce al Movimento. Il timore tra i Dem, esplicitato da Zingaretti, è che il tentativo teorizzato da Luigi Di Maio di contare di più, porti il M5s ad aumentare la conflittualità. Segnali di dissidi si registrano già sul Recovery plan, su cui sarebbe in corso un braccio di ferro sotterraneo sia sull’assegnazione delle risorse ai grandi capitoli di spesa, sia sulla gestione (secondo alcune fonti Palazzo Chigi e ministero dell’Economia si starebbero contendendo la regia). Un altro fronte aperto è quello dei commissari per le grandi opere, attesi da mesi e ancora bloccati tra i ministeri. Infine, c’è il Mes. Sul punto si registra qualche dissidio anche in casa Pd, dopo che Zingaretti ha stigmatizzato l’iniziativa di David Sassoli di alzare la palla proponendo di riformare il fondo. Sassoli difende la sua idea, ma nega di aver voluto frenare la richiesta dei fondi del Mes, per i quali il Pd spinge. Il presidente dell’Europarlamento secondo alcuni avrebbe con la sua proposta voluto parlare al M5s, in vista della partita del Quirinale. Una partita per la quale Renzi invita Berlusconi a collaborare. I giochi sono già aperti.

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