“Dite ai figli che li amo”
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
FLOYD/AL PROCESSO VIDEO SHOCK RIPRESO DALLA BODYCAM DI UN AGENTE

di Ugo Caltagirone
WASHINGTON. “Mamma ti voglio bene. Dite ai miei figli che li amo... sto morendo”. Sono le ultime parole di George Floyd prima di esalare l’ultimo respiro, mentre l’agente di polizia Derek Chauvin continua premere con un ginocchio sul collo della vittima, inchiodandola sull’asfalto. Eppure ‘Big Floyd’, un omone alto quasi due metri, lo ha implorato per oltre 9 lunghissimi minuti: ‘I can’t breath’, non riesco a respirare. Ma niente, Chauvin non ne vuole sapere, nonostante anche molti dei passanti, testimoni della drammatica scena, lo supplichino di mollare la presa. Il video shock, ripreso dalla bodycam di uno degli agenti intervenuti sul posto con Chauvin, scuote l’aula del tribunale di Minneapolis dove si sta svolgendo il processo per la morte nel maggio del 2020 del 46enne afroamericano divenuto il simbolo del movimento Black Lives Matter. Immagini terrificanti, impietose, rese pubbliche per la prima volta, anche se la trascrizione dei dialoghi era stata già diffusa la scorsa estate. Immagini che mostrano il punto di vista degli agenti e che testimoniano come Floyd si rendesse conto della sua fine. E come il suo carnefice abbia fino alla fine mostrato cinismo e freddezza, anche quando il corpo della vittima era ormai esanime. “Smettila di parlare, basta strillare, serve un sacco di ossigeno per parlare...”, la risposta di Chauvin, mani in tasca, sorriso beffardo, a Floyd che continuava ad ansimare e a ripetere di non poter respirare. E quando un collega prova a convincerlo a girare il corpo di George per farlo respirare un po’, la risposta di Chauvin è perentoria: “Resta così com’è”. Il video mostra anche come il 46enne afroamericano non costituisse alcuna minaccia, fin da quando gli agenti lo intercettano nella sua auto puntandogli una pistola contro e spaventandolo: “Non sparatemi, vi prego...”, afferma Floyd, che una volta ammanettato si rifiuta, in preda a un attacco di panico, di entrare nell’auto della polizia affermando di soffrire di claustrofobia. E’ lì che viene messo a terra e brutalmente immobilizzato. E’ in quel rifiuto impaurito che George, senza saperlo, si condanna a una fine atroce. Al processo sono state mostrate anche le immagini girate all’interno del negozio in cui Floyd aveva acquistato il pacchetto di sigarette pagato con una banconota falsa da 20 dollari. Appare evidente come l’uomo, pur senza rappresentare alcuna minaccia, fosse sotto l’effetto di qualche sostanza stupefacente. La difesa di Chauvin punta a dimo- strare che quella è stata la reale causa della morte, unita all’esistenza di patologie pregresse. La fidanzata di Floyd, esplosa più volte in lacrime in aula, ha ammesso come lei e George soffrissero di dipendenza da oppioidi. “Soffriva di forti dolori alla schiena - ricorda Courteney Ross - ed era ancora devastato dalla morte della madre avvenuta nel 2018”. La donna afferma poi come Floyd fosse stato contagiato dal Covid a fine marzo, poco più di un mese prima di morire. E piange anche il cassiere del negozio, si sente in colpa e responsabile per la morte di Big Floyd: “Se non avessi detto nulla su quella banconota...”.
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