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Dopo Mattarella: i partiti litigano

E SU 1008 GRANDI ELETTORI VI SONO POLI SENZA MAGGIORANZA ASSOLUTA



di Cristina Ferrulli

ROMA. A circa due mesi dall’elezione del nuovo presidente della Repubblica, il passo indietro di Sergio Mattarella al bis spegne le speranze di molti e interroga tutti sul da farsi su una partita che si annuncia già nei numeri difficilissima: nessuno dei due schieramenti ha la maggioranza assoluta dei 1008 Grandi Elettori per eleggere al quarto scrutinio il proprio candidato. E lo spirito che aleggia non suona come una mano tesa al confronto a 360 gradi: “Stiamo lavorando per avere un Presidente che non sia proprietà del Pd ma rappresenti tutti”, chiarisce Matteo Salvini. L’insistenza con cui tutti, da Enrico Letta (“mai visto presidente scelto in anticipo”) al ministro 5S D’Incà e all’azzurra Mara Carfagna, rinviano anche ieri il tema all’inizio di gennaio, la dice lunga sul fatto che al momento nessuno veda il bandolo della matassa. E l’appello, avanzato dal ministro Speranza, ad un confronto “il più largo possibile” tra i partiti fonda sui conti che fotografano la prossima assemblea che voterà il presidente della Repubblica. Nessuno dei due schieramenti è infatti ‘autosufficiente’ per raggiungere quota 505 voti necessari ad eleggere - al quarto scrutinio - il proprio candidato. E a rendere balcanizzata l’assemblea è anche il fatto che Parlamento è nato sull’onda della grande vittoria M5S che però negli anni si è sbriciolato: basti pensare che i parlamentari 5s a inizio legislatura erano 338 e ora sono rimasti, tra cambi di casacche e nuovi gruppi, 233. Un gran numero di eletti quindi non risponde ad alcuna indicazione di partito ed è difficile darli per certi in un calcolo di maggioranze. Il centrodestra può contare su 450 grandi elettori (451 ma il presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, in quota Fi, non vota) che fanno riferimento ai partiti dentro la coalizione: 197 sono della Lega, 126 di Fi, 58 di Fdi, 31 di Coraggio Italia-Cambiamo-

Idea, 5 di Noi con l’Italia, ai quali si aggiungono i 33 delegati regionali. Il centrosinistra con M5s può contare su 419 voti (sono 420 ma il presidente della Camera Roberto Fico non vota) se si esclude Iv, su 462 se si conteggia anche il partito di Renzi. Il Pd conta 133 grandi elettori (Gualtieri neo sindaco di Roma dovrà optare e quindi forse il suo seggio sarà vacante al momento dell’elezione del Colle), M5s ne ha 232, Leu 18, Azione/+Europa 5, Centro democratico di Bruno Tabacci ha 6 deputati. A questo blocco si aggiungono i 24 delegati regionali, più Gianclaudio Bressa, iscritto al gruppo per le Autonomie ma eletto con il Pd. Tra i 1008 ci sono i 6 senatori a vita: Giorgio Napolitano, Mario Monti, Liliana Segre, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia. E le Autonomie: Il gruppo delle autonomie-minoranze linguistiche conta 4 deputati e 5 senatori, al cui gruppo a Palazzo Madama, oltre a Bressa, sono iscritti Pier Ferdinando Casini (Centristi per l’Europa) e i senatori a vita Cattaneo e Napolitano. C’è poi il corpaccione del gruppo misto con alcune aree politiche che rispodono a sè stesse. In questa legislatura il gruppo Misto di Camera e Senato è lievitato e mutato a seconda della nascita di nuove componenti: il gruppo più nutrito è la pattuglia ex M5s di Alternativa C’è che per le votazioni del Quirinale ha 19 grandi elettori, Azione/+Europa-Radicali (5), Centro Democratico (6 deputati), Maie (3 deputati, 3 senatori), FacciamoEco (3 deputati), Nci (5 deputati). Nel Misto al Senato c’è poi LeU (6) e tanti fuoriusciti M5s (24 alla Camera che risultano non iscritti a nessuna componente insieme all’ex Leu Michela Rostan mentre a Palazzo Madama sono nel misto 1e M5s, i 3 ex5s ora Italexite 1ex 5s ora Potere al Popolo).

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