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Draghi volta pagina e riparte

GOVERNO/IL PREMIER SALUTA LA RIELEZIONE DI MATTARELLA E RICOMINCIA DA COVID E PNRR


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di Serenella Mattera

ROMA. Un “inusuale” giro di tavolo, per salutare con una stretta di mano uno a uno i suoi ministri, poi l’omaggio a Sergio Mattarella e un lungo applauso a salutarne la rielezione. Mario Draghi riparte da qui, da un Consiglio dei ministri per voltare pagina dopo la difficile partita del Quirinale. Lo fa mostrandosi tranquillo e mettendo subito l’accento sull’agenda e sul capitolo più corposo ma anche meno divisivo: i 24,1 miliardi di fondi del Pnrr da ottenere nel primo semestre di quest’anno raggiungendo i 45 obiettivi prefissati. Tra i suoi ministri le scorie della battaglia politica sul Colle si avvertono. Giancarlo Giorgetti, che si è detto tentato dalle dimissioni, viene descritto scuro in volto e usa toni gravi. “Gli strascichi ci sono - osserva una ministra - le prossime settimane non saranno facili, i nodi verranno al pettine, ma Draghi ha impostato il lavoro con serenità”. Con la rielezione di Mattarella si riapre la stagione “dei due presidenti”: Draghi in apertura di Cdm ringrazia il capo dello Stato per aver accettato il bis e si pone nel suo solco, indicando “la lotta alla pandemia e la ripresa economica e sociale” come priorità del presidente della Repubblica e del governo. Al tavolo del Consiglio - “di ripartenza”, dice Marta Cartabia - il premier rivede i suoi ministri, alcuni dei quali hanno lavorato contro la sua elezione al Quirinale. Ma Draghi stringe la mano a ognuno di loro e non fa nessun cenno alla vicenda, se non per citare il finale gradito. Alla fine viene visto allontanarsi con Dario Franceschini, con cui si ferma a parlare prima di riunire Patrizio Bianchi e Roberto Speranza per discutere le nuove regole sulla quarantena a scuola che sarà mercoledì in Cdm. Apre la riunione del Consiglio, di appena mezz’ora, con un breve intervento. Parte dai risultati ottenuti, dal Pil che sale 6,5% nel 2021 e di una copertura vaccinale (riferirà Speranza) arrivata al 91% di prime dosi. Poi dà i compiti a casa ai suoi ministri: entro domani dovranno consegnare un report sull’attuazione degli investimenti e delle riforme di loro competenza e indicare se servono norme o “correttivi” per realizzarli. La pressione è altissima in particolare su tre ministeri tecnici: Infrastrutture, Transizione ecologica, Transizione digitale. Ma tra le riforme previste ci sono anche temi ad alta tensione politica come il Csm, rinviato a dopo la partita del Colle. Entro giugno si dovranno realizzare 45 obiettivi e poi in tutto entro giugno 2023 (poco oltre fine legislatura) ben 127 target, per 64,3 miliardi. Oggi in Cdm si farà l’agenda, insomma, dei prossimi sei mesi. I partiti già chiedono, lo fa il M5s ma anche il Pd, un nuovo scostamento di bilancio per intervenire contro il caro bollette. Il dossier è aperto, spiegano dal governo, ma con cautela: far nuovo deficit è considerato probabile ma è difficile che si arrivi ai 30 miliardi chiesti da Matteo Salvini. Il leader della Lega, come Giuseppe Conte, ha chiesto al premier un incontro: non è in agenda, ma probabilmente si farà. Agli atti del primo Cdm post-Colle resta però il nervosismo di Giorgetti. Emerge quando si discute di Covid e della riapertura al 10 febbraio delle discoteche. I leghisti chiedono e ottengono che la proroga sia di 10 giorni e non di 15 com’era previsto in partenza. Poi Giorgetti, “con una certa gravità”, pone il tema della lista dei soggetti fragili ai quali consentire lo smart working. Serve un decreto ministeriale e Renato Brunetta spiega che si attende il parere del Consiglio superiore di sanità. Giorgetti ricorda di aver posto il tema a dicembre a Speranza e chiede di avere risposte mercoledì. “Nulla di grave, propaganda”, dice un collega di centrosinistra che assiste alla scena. Ma la tensione c’è e Giorgetti non la nasconde: è agli atti la sua richiesta di un cambio di metodo. In molti dubitano che questo porti alle dimissioni, visto il suo rapporto personale con Draghi. Ma nessuno dà per scontato che la Lega di Salvini resti al governo fino a fine legislatura ed è innanzitutto al suo segretario che Giorgetti si rivolge, secondo molti dei ministri. Il redde rationem in corso nella Lega come nel M5s minaccia di agitare le acque del governo, tanto che in modo speculare c’è chi ipotizza l’addio alla maggioranza - ma non c’è alcuna conferma - di Giuseppe Conte. In questo clima, il dossier rimpasto sembra assai lontano dall’essere aperto

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