Ergastolo, ora assoluzione
- direzione167
- 5 giu 2022
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FIRENZE/L’INFERMIERA DI PIOMBINO ACCUSATA DELL’OMICIDIO DI 10 PAZIENTI

FIRENZE. Dall’ergastolo all’assoluzione dall’accusa di omicidio plurimo volontario di una decina di pazienti: la corte di appello di Firenze ha completamente ribaltato la sentenza con cui il tribunale di Livorno condannò Fausta Bonino, l’infermiera dell’ospedale di Piombino imputata di aver causato la morte di quei degenti tramite somministrazioni di eparina. Ieri la corte, dopo tre ore di camera di consiglio, l’ha assolta “per non aver commesso il fatto”. In primo grado, Fausta Bonino era stata ritenuta colpevole per quattro dei dieci decessi in corsia contestati. La corte di appello gli ha inflitto solo la condanna a un anno e sei mesi, pena sospesa, per ricettazione dato che gli erano stati trovati in casa alcuni medicinali. L’arresto risale al marzo del 2016. L’infermiera, oggi 58enne, era presente in aula accompagnata dai familiari. Alla lettura del dispositivo è scoppiata in lacrime. “Ancora non ci credo”, ha detto uscendo dal palazzo di giustizia di Firenze. “Mi hanno accusata - ha affermato - per menzogne dette da qualcuno, contro di me non c’era altro che queste menzogne”. La donna fu subito sospettata di aver provocato la morte di 14 pazienti, ricoverati nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Piombino dove lei era assegnata. Nel corso delle indagini poi i casi considerati si erano ridotti a dieci. Per l’accusa i decessi, avvenuti tra il 2014 e il 2015, sarebbero stati provocati da emorragie improvvise dovute alla somministrazione di extra-dosi di eparina, anticoagulante che addirittura non risultava neppure prescritto per alcuni dei deceduti. Chi lo somministrò voleva di sicuro causare la loro morte, ma adesso la corte di apello esclude che l’assassino in corsia fosse Fausta Bonino. Per il difensore, avvocato Vinicio Nardo, fondamentali per l’assoluzione sarebbero state le deposizioni di quattro testimoni - tra medici e infermieri dell’ospedale - che a suo tempo affermarono come l’ingresso al reparto fosse di fatto libero, cioè non limitato solo ai sanitari, peraltro muniti di badge di riconoscimento. I professionisti erano già stati sentiti anni fa in un processo civile a Livorno per il risarcimento del danno, ma non erano stati inclusi nella lista dei testi del processo penale di primo grado. Ma nel dicembre 2021, su istanza delle difesa di Fausta Bonino, sono stati chiamati a testimoniare nel processo di appello. Il loro racconto avrebbe dimostrato che nel reparto si poteva entrare anche senza badge, da una porta secondaria e anche da una terza porta, dotata di apertura solo dall’interno ma che veniva lasciata spesso aperta. “Credo - ha spiegato l’avvocato Vinicio Nardo - che la chiave siano state queste testimonianze e sia stata anche l’evidenza di altri elementi che in primo grado erano stati ritenuti certi ma che tali non erano. Quindi la catena del ragionamento accusatorio si è spezzata in più punti”. “Gli inquirenti - ha aggiunto - hanno dato per scontato che l’ingresso al reparto fosse controllato e invece non lo era. E chiaramente questo è un sassolino che può essere diventato una slavina” nel determinare la decisione di assolvere l’infermiera. Tuttavia le motivazioni ci saranno fra 90 giorni e potrebbero contenere ulteriori indicazioni. La procura generale aveva chiesto l’ergastolo per nove dei dieci casi di decessi anomali emersi da un’inchiesta della procura di Livorno.
















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