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Gli economisti sottoscrivono la “ricetta” di Draghi


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MILANO. Gli economisti sottoscrivono la ricetta di Mario Draghi per contrastare la crisi provocata dal coronavirus. Il mondo accademico è concorde nel ritenere che la situazione attuale è paragonabile ad un "periodo di guerra" e che, per proteggere l'economia, la politica monetaria espansiva non basta e bisognerà ricorrere a misure straordinarie come "l'aumento del debito pubblico". Arriva anche l'invito ai Paesi europei a muoversi tutti nella stessa direzione. E' Marcello Messori, docente di economia Internazionale alla Luiss, a ricordare che dopo l'emergenza del coronavirus nulla sarà come prima e quindi "è evidente che alla fine avremo una maggiore presenza pubblica dovuta all'intervento statale e dovremo cominciare a discutere per tempo come questo deve essere coordinato fruttuosamente con il mercato. La formula dovrà diventare: più Stato efficace e più mercato efficiente". L'aumento del debito "è dettato dall'eccezionalità della situazione - aggiunge - Io credo che non dobbiamo essere pigri intellettualmente. Dobbiamo sapere che questa non è una crisi dopo la quale si ricomincia dal punto in cui eravamo". La strada indicata da Draghi, secondo gli economisti, è "l'unica percorribile" e rappresenta il "male minore" perchè l'alternativa sarebbe lasciar "morire l'economia". In quest'ottica bisogna avere meno "paura sull'aumentare il debito perchè i tassi d'interesse resteranno bassi per molto tempo e quindi sarà più facilmente sostenibile. Qualunque debito è sostenibile se i tassi d'interesse sono zero" afferma Massimo Bordignon docente di scienza delle finanze all'Università Cattolica e unico esponente italiano dell'Advisory European Fiscal Board, l'organismo che supporta la Commissione europea nell'applicazione delle regole fiscali. Il tema non è solo quello dare il "sussidio di disoccupazione - aggiunge - ma è importante fare in modo che le persone non perdano il lavoro e che le imprese continuino a funzionare. E per le imprese bisogna fornite quelle garanzie da parte del settore pubblico che gli permettano di restare a galla anche in assenza di fatturato". La situazione che si sta vivendo è paragonabile ad un "periodo di guerra, per cui è più che giusto aumentare il debito pubblico", afferma Giuseppe Di Taranto, docente di Storia dell'economia e dell'impresa all'università 'Lu- iss Guido Carli' di Roma. Il debito pubblico italiano "non è, peraltro, assolutamente pericoloso, ma molto solido, perché - conclude abbiamo una ricchezza privata che lo supera di due volte e mezzo". L'intervento di Draghi arriva alla vigilia di un consiglio europeo delicato. Dagli economisti arriva anche una riflessione sulla necessità che i Paesi europei affrontino la crisi in modo unito. Franco Bruni, senior professor al dipartimento di Economia della Bocconi, ricorda che si tratta di un "problema globale. Si indebita tutto il mondo. Ci saranno problemi di coordinamento da affrontare dato che siamo entrati in questa crisi in una situazione di divisione". Le grandi scelte "sono cruciali. Sono scelte internazionali. Si può decidere chi paga di più, uno o l'altro o insieme in base alle esigenze e non con l'idea che ciascuno paghi il suo", conclude il docente. Riscuote successo anche la proposta di intervento dello Stato a garanzia dell'indebitamento delle imprese con il sistema bancario. Angelo Stefano Baglioni, docente di Economia Monetaria all'Università Cattolica di Milano, ritiene l'idea "pragmatica". Draghi ha colto "sicuramente nel segno - aggiunge - perché solleva il problema fondamentale dal punto di vista economico, a parte quello sanitario, che è la liquidità delle imprese con flussi di cassa azzerati per qualche mese". Il rischio, sottolinea il Docente, è quello di ritrovarsi con "insolvenze e costi di lungo periodo molto elevati" per le imprese.

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