Gli ergastoli e le polemiche
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
ROMA/LE PARI CONDANNE PER I DUE CALIFORNIANI CONTESTATE DAI DIFENSORI

di Marco Maffettone
ROMA. Tra novanta giorni, in estate quindi, si capirà come i giudici della Prima Corte d’Assise motiveranno la sentenza con cui mercoledì, dopo oltre 13 ore di camera di consiglio, hanno inflitto il massimo della pena, il carcere a vita, per Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth. Concorso nell’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, il reato per il quale i due californiani si sono visti infliggere l’ergastolo così come sollecitato dalla Procura di Roma. L’impianto accusatorio ha quindi retto in modo pieno alla valutazione dei giudici di primo grado, ma ora le difese dei due imputati vogliono capire quale sia il ragionamento svolto dalla Corte dietro questa pesante sentenza. In questo ambito le motivazioni rappresentano uno snodo fondamentale in vista del secondo grado di giudizio a cui si appelleranno gli avvocati dei due ventenni statunitensi. Piena responsabilità dei due nell’azione omicidiaria, culminata con 11 coltellate nella drammatica colluttazione del 26 luglio 2019 e nessun elemento per ipotizzare una forma di legittima difesa. Questa la prima analisi superficiale dopo la lettura della sentenza. “Il nostro stupore non è come mai tutti e due abbiano avuto la stessa pena - spiega l’avvocato Francesco Petrelli, difensore di Hjorth - domanda che ovviamente resta sullo sfondo, ma come mai il giovane Gabriel sia stato condannato per l’omicidio. Dobbiamo prendere atto che oramai in Italia la legalità sostanziale e la legalità processuale sono tragicamente tramontate”. Per il penalista “quello della ‘prevedibilità degli esiti del giudizio’, che dovrebbe essere un valore fondamentale in un ordinamento giudiziario degno di questo nome, ne esce drammaticamente polverizzato: se si resta fedeli alle prove questa decisione non potrà che essere ribaltata”. La posizione di Hjorth è stata, però, equiparata a quella di Elder, l’autore materiale dei fendenti che hanno portato allo shock emorragico e alla morte del militare dell’Arma.Nei minuti concitati dopo la sentenza il difensore di Elder non ha usato mezzi termini per contestare il verdetto e annunciare il ricorso. “Una sentenza vergognosa per l’Italia - ha dichiarato Renato Borzone - con dei giudici che non vogliono vedere quello che è emerso durante le indagini e il processo. Siamo pronti a ricorrere ai giudici di secondo grado”. Dal canto suo la famiglia Cerciello, anche il giorno dopo una pronuncia che riconosce la piena responsabilità degli imputati, mantiene un profilo di assoluta riservatezza nel dolore. “Questo non è un trofeo da appendere - ha ribadito anche ieri Rosa Maria Esilio, vedova del carabiniere, attraverso il suo legale Mas- simo Ferrandino -. L’integrità di Mario è stata dimostrata nonostante da morto abbia dovuto subire tante insinuazioni”. Nella vicenda Cerciello restano aperti altri filoni giudiziari, a cominciare da quello relativo al processo a carico del carabiniere Fabio Manganaro, imputato davanti al tribunale monocratico, in relazione al bendaggio di Hjorth nelle ore successive al fermo, immortalato in una foto che fece in breve tempo il giro del mondo. Nel corso della requisitoria il magistrato ha ricostruito, in modo dettagliato, quanto avvenuto quella notte di luglio di due anni fa. Dal tentativo dei due americani di comprare della cocaina a Trastevere, al furto dello zaino del “facilitatore” dei pusher Sergio Brugiatelli da cui è nata la “trattativa” sfociata nell’accoltellamento del carabiniere. “Tutti ci dicono che Cerciello e Andrea Varriale (in pattuglia quella notte con il vicebrigadiere ndr) - ha puntualizzato il pm - quando incontrano Brugiatelli si comportano in modo professionale e non confidenziale. Possiamo escludere una conoscenza pregressa con lui”. Il pm ha quindi raccontato della “fuga” dei due americani nell’albergo, nella zona Prati, dove alloggiavano da alcuni giorni. Le telefonate intercorse tra loro e Brugiatelli per organizzare la riconsegna del cellulare e dello zaino. I due svolsero anche una sorta di perlustrazione di via Gioacchino Belli, la zona dove sarebbe dovuto avvenire l’incontro, verificando pure la presenza di videocamere. “Non fu legittima difesa, entrambi sono andati all’incontro preparandosi, erano pronti a tutto. Non si sono preoccupati della salute della vittima, sono scappati e hanno nascosto il coltello”, ha dichiarato in aula il pm. Rico- struendo le fasi della drammatica colluttazione, il rappresentante dell’accusa ha spiegato che “i carabinieri si sono qualificati, hanno mostrato il tesserino ed erano in servizio: si sono avvicinati frontalmente, non alle spalle. Cerciello non è stato ammazzato con una coltellata ma con undici fendenti in meno di trenta secondi. La vittima non avuto il tempo di elaborare nessuna difesa attiva” e comunque “avrebbe potuto poco anche se fosse stato armato e non lo era”.
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