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Gli Usa: “Riaprite i pozzi”

HAFTAR TIENE BLOCCATO IL GREGGIO E SPACCA L’UE: FRANCIA FERMA DICHIARAZIONE CONTRO IL GENERALE



ROMA. Il generale Khalifa Haftar non allenta la morsa sul petrolio libico e continua a tenere bloccati porti e produzione nei giacimenti nell'Est del Paese. Una situazione che inizia ad allarmare non poco le cancellerie internazionali, a partire dagli Usa e dall'Italia, che condannano le mosse dell'uomo forte di Bengasi. Appena domenica scorsa, i maggiori leader occidentali, insieme alle controparti arabe, avevano sancito una fragile tregua nel Paese e l'avvio di un processo politico che ora torna ad essere in salita, considerato l'atteggiamento degli attori libici: se Haftar blocca il greggio, il premier di Tripoli Fayez al-Sarraj continua a rifiutarsi di incontrarlo per nuovi colloqui. Il tutto mentre l'unità raggiunta a Berlino sembra già incrinarsi, con i distinguo della Turchia e con la Francia accusata di avere bloccato una dichiarazione congiunta contro Haftar. Le operazioni petrolifere "devono riprendere immediatamente", ha avvertito l'ambasciata Usa in Libia dopo che la scorsa settimana Haftar ha fermato il carico di greggio da cinque porti sotto il suo controllo. Chiudendo un oleodotto, ha quindi fatto bloccare il giacimento di Sharara, il più grande del Paese, e quello di El Feel, dove opera anche l'italiana Eni. Una situazione che preoccupa Washington, soprattutto per il possibile effetto sui prezzi del greggio. Nel giro di qualche giorno, secondo stime della compagnia petrolifera libica Noc, la produzione potrebbe calare a 72 mila barili al giorno, rispetto agli oltre 1,2 milioni della settimana scorsa. Per ora tuttavia le quotazioni sono nuovamente scese, dopo la fiammata al rialzo dell'indice Brent registrata lunedì. Al monito statunitense si è associata all'unisono l'Italia, con la Farnesina che ha espresso la propria "forte preoccupazione", mentre il premier Giuseppe Conte ha chiesto di "fermare" queste azioni auspicando di "ritrovare una piena convergenza tra tutti i Paesi". Dal governo di Tripoli hanno puntato il dito contro Parigi, da sempre vicina ad Haftar, accusando la Francia di avere sabotato una dichiarazione congiunta contro il generale, costringendo così gli altri Paesi a muoversi in ordine sparso. Il dossier libico sembra destinato insomma a rimanere alto nell'agenda dei colloqui diplomatici tra Italia e Stati Uniti. Una nuova occasione di confronto dovrebbe arrivare questo venerdì quando il vicepresidente americano Mike Pence sarà in Italia. Motivo della visita un incontro in Vaticano con il Papa ma Pence vedrà anche il premier Conte e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e con loro avrà modo di condividere riflessioni e preoccupazioni. Dal suo viaggio in Qatar, il capo dello Stato ha ribadito il sostegno italiano alla "legittimità del governo di al Sarraj" pur nel "dialogo con tutti". Sul fronte dell'azione europea, avanza intanto l'idea di rimodulare l'operazione Sophia per indirizzarla sul monitoraggio dell'embargo delle armi verso la Libia. A Bruxelles, inizieranno a lavorarci venerdì, data in cui l'Ue ha convocato una riunione straor- dinaria del Comitato Europeo per la Politica e la Sicurezza sul Paese nordafricano. In questa direzione, è arrivata anche la disponibilità della Nato a dare un maggiore aiuto all'Unione europea. Sembra scemare invece il supporto verso l'ipotesi di una missione di pace sul terreno, bocciata dallo stesso inviato speciale dell'Onu per la Libia, Ghassem Salamé. Nel Paese, dice, "non si accettano le truppe straniere. E neppure vedo nella comunità internazionale la disponibilità a mandarne".

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