Governo Conte più solido
- direzione167
- 5 giu 2022
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IL PREMIER TORNA A ROMA CONVINTO DI AVERE INCASSATO UNA VITTORIA PESANTE

di Rodolfo Calò
BRUXELLES. Duecentonove miliardi. E la “responsabilità” di “far ripartire il Paese con forza, cambiarne il volto”. Dopo una maratona negoziale lunga cinque giorni e una ultima lunga notte di scontri e trattative, Giuseppe Conte torna a Roma convinto di aver incassato una vittoria pesante. “Il governo è forte, ora si rafforza la sua azione”, esulta all’alba. E’ il premier a essere più forte e poter guardare con più tranquillità ai prossimi mesi, dicono i suoi, allontanando lo spettro di fibrillazioni e possibili crisi. Subito dopo l’atterraggio Conte va al Quirinale, per un faccia a faccia con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per un Paese che affronta un enorme calo del Pil, si creano ora “condizioni proficue” per “predisporre rapidamente”, è l’auspicio e lo sprone del capo dello Stato, “un concreto ed efficace programma di interventi”. Conte si prepara a riferire alle Camere, convinto di aver “difeso la dignità dell’Italia e il ruolo delle istituzioni europee”. Promette che sull’uso dei fondi coinvolgerà le opposizioni. Rilancia l’incontro finora mai avvenuto per discutere il Piano di rilancio e ringrazia quegli esponenti del centrodestra che “hanno capito la posta in gioco”. Mette così a nudo i distinguo tra Silvio Berlusconi che promuove un “buon compromesso”, Giorgia Meloni che ha “tifato Italia” ma ora dice che si poteva fare di più, e Matteo Salvini che evoca la troika, un “superMes”, una “grossa fregatura”. Il leghista è in difficoltà, commentano dalle fila di una maggioranza esultante. Ma dalla maggioranza trapela già qualche dubbio sulla scelta del premier di annunciare una “task force operativa” per preparare il programma delle riforme. E se Conte spera di avere sminato, con il risultato europeo, un Mes che dice non essere il suo “obiettivo”, tra i giallorossi la calma è apparente, il Mes resta un tema pronto a riemergere presto. Non passa perciò inosservata una frase pronunciata da Davide Casaleggio, che solo due settimane fa aveva incontrato il premier: “Dobbiamo recuperare risorse da tutte le fonti disponibili, anche per la sanità”, dice in un’intervista. Un’apertura al Mes? Casaleggio non lo cita apertamente, ma c’è chi nella maggioranza ipotizza che sia un modo per sminare il campo al presidente del Consiglio aprendo a questa ipotesi. L’intervento europeo è di portata “storica” per l’Europa e per l’Italia, sottolinea il presidente del Consiglio. E annuncia investimenti strutturali e riforme per un Paese “più verde, più digitale, più innovativo, più sostenibile, più inclusivo”. Conte, che i suoi descrivono impegnato fino all’ultimo con Macron in una battaglia per non ridurre i fondi, porta a casa il 28% dell’intero pacchetto europeo: 81,4 miliardi di sussidi e 127,4 miliardi di prestiti. I fondi arriveranno nel 2021, ma il 10% dei sussidi (circa 8 miliardi), come spiega il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, potranno essere anticipati e finanziare progetti avviati da febbraio 2020. Questi soldi, sottolinea il presidente della Repubblica esprimendo a Conte “apprezzamento e soddisfazione”, dovranno essere subito incanalati in interventi “efficaci”. “Dobbiamo correre”, si mostra determinato Conte, quando alle sei del mattino si collega con i giornalisti in videoconferenza dalle sale del Consiglio europeo, dopo una foto ricordo con pugno alzato e sorriso nascosto dalla mascherina. Non aspetterà settembre, si metterà subito al lavoro, assicurano i suoi. Il primo atto sarà un nuovo scostamento di bilancio da circa 20 miliardi, per tamponare la crisi con nuova cassa integrazione, risorse per Comuni e scuola. Si metterà al lavoro, assicura, con i suoi ministri che sono “una grande squadra” (con parole che non sembrano allontanare del tutto l’ipotesi di un rimpasto). Ma sul medio termine la prova è difficile. Ad avere “visione, concretezza, efficacia” lo invita Nicola Zingaretti, che lo aveva accusato di troppi rinvii. “No all’assistenzialismo, sì agli investimenti”, incalza Matteo Renzi. Vito Crimi parla di “risultato storico” e Luigi Di Maio rivendica di aver “creduto nel cambiamento dell’Europa”. La prova delle riforme non si può fallire: Conte e i leader della maggioranza lo sanno. Ma i partiti sono divisi, a partire dal Mes, che Iv e Pd spingono per utilizzare, mentre M5s respinge (complici anche le somme anticipate del Recovery fund). Conte non esclude del tutto il Mes ma dice che “non è l’obiettivo dell’Italia”, che ha come priorità usare le risorse del Recovery, che ha prestiti dai tassi molto vantaggiosi. Il problema, ribattono gli alleati, è che fino al 2021 potrebbero servire più soldi. Quanto alla task force per il piano di rilancio, annunciata prima da Gualtieri e poi da Conte, trapelano dubbi sia dal M5s, che vorrebbe veder coinvolti i suoi ministri, che da Pd, dove si parla di scelta non ancora discussa, e da Iv, che nega la necessità di “un’altra task force”. Ma Conte ora sa di essere più forte: glielo riconosce anche Alessandro Di Battista, quando denuncia tentazioni di ribaltoni e chiede all’avvocato di resistere a chi, anche nella maggioranza, lavora per larghe intese o tecnocrati. Non meglio va nel centrodestra, dove si confermano le divisioni. Berlusconi plaude all’intesa e punta il dito contro le posizioni più sovraniste. L’ex premier, raccontano da Fi, non fa mistero di volere una collaborazione istituzionale con il governo, anche se nega di voler entrare in maggioranza (ad Arcore si aspettavano il ringraziamento di Conte e nel governo le parole del leader di FI erano attese). Se si somma la non totale chiusura della Meloni, Salvini appare isolato sulla linea dura: parla di un “super Mes”, di una “grande fregatura” e sostiene che alcune misure come la condizionalità del rispetto dello Stato di diritto siano già pensate per chiudere in futuro i rubinetti dei fondi alla Lega, se porterà al governo la politica dei porti chiusi.
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