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Guerra a colpi di carte bollate

MES/SCONTRO CON SALVINI, IL PREMIER PREPARA LA BATTAGLIA ANTI-LEGA



ROMA. Non si placa lo scontro sulla riforma del salva-Stati con polemiche che arrivano a coinvolgere i massimi vertici istituzionali: la presidenza della Repubblica e il Presidente del Consiglio, con il premier che annuncia l’intenzione di tornare a riferire in Parlamento lunedì dopo l’informativa di quest’estate. Dopo la bagarre in Aula a Montecitorio, Matteo Salvini alza ancora il tiro ed invoca l’intervento del Capo dello Stato: “Chiediamo al garante della Costituzione di farla valere” afferma il leader del Carroccio che chiede “un incontro ai massimi vertici istituzionali”. La sua tesi non cambia: “Siamo in una democrazia parlamentare e se questo governo tradisce il Parlamento firmando un trattato mortale per l’economia italiana, non rispetta la Costituzione. E siccome il Presidente è il garante della Costituzione, se qualcuno ha sbagliato paga”. Non solo. “I nostri avvocati stanno studiando l’ipotesi di un esposto ai danni del governo e di Conte” attacca ancora Salvini che parla del meccanismo salva-Stati come di un “attentato alla sovranità nazionale” e un “tradimento dell’Unione europea: roba da Unione Sovietica...”. Troppo per il premier Giuseppe Conte - che Salvini, tra l’altro, paragona al Marchese del Grillo - che risponde alla sfida: “A chi oggi si sbraccia a minacciare, io dico: Salvini vada in procura a fare l’esposto, e io querelerò per calunnia”. Di più. “Io - ricorda - non ho l’immunità, lui sì, e ne ha già approfittato per il caso Diciotti. Veda questa volta, perché io lo querelerò per calunnia, di non approfittarne più”. Conte annuncia quindi che lunedì sarà alla Camera: “Come sempre sarò in Parlamento, in modo trasparente, a riferire tutte le circostanze”. Svolgerà un’informativa in Aula a cui seguirà, quindi, un dibattito sull’intervento ma senza votazioni su documenti o eventuali risoluzioni presentate dai gruppi, non previsti dal regolamento. Nel mezzo della polemica, poi, si inserisce il M5s. I Movimento è sulla linea di Salvini: già a giugno aveva chiesto a Conte di mettere il veto nel caso in cui il trattato fosse risultato penalizzante per l’Italia e con la Lega aveva firmato una risoluzione che chiedeva al premier di riferire in Parlamento prima di dare l’ok a qualsiasi riforma. Ora, quindi, Luigi Di Maio è stretto tra due fuochi. Con il Pd che assieme ad Italia Viva, difende il premier. “Quando era al Governo, Salvini ha condiviso e approvato la riforma. Ora, come al solito, diffonde teorie false per danneggiare l’Italia, la sua forza e credibilità. Non lo permetteremo mai” sostiene il segretario dem, Nicola Zingaretti. Ma Salvini nega: “Abbiamo ampie prove di messaggi, di interlocuzioni, sulla nostra posizione che era ‘non firmiamo un cazzo’!”. E Giorgia Meloni gli fa sponda attaccando il ministro dell’Economia. “Ci aspettiamo che Conte disconosca le parole di Roberto Gualtieri che ha detto che è un trattato già sottoscritto e inemendabile”. Il capo politico del M5s riunisce invece la base parlamentare scalpitante e cerca una via d’uscita: chiede al premier modifiche al trattato ma gli riconosce l’approccio nella logica del “pacchetto”. “Come M5S abbiamo l’obbligo di controllare non solo la riforma del Mes, ma anche tutti gli altri negoziati in corso come quello sull’unione bancaria. Per cui solo il combinato disposto di queste riforme ci può permettere di capire se il risultato sia soddisfacente” dice ai parlamentari riuniti.

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