I sindacati bocciano la manovra
- direzione167
- 5 giu 2022
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PER LANDINI E BOMBARDIERI È UN ERRORE E NON SONO PREVISTI ALTRI INCONTRI

di Silvia Gasparetto
ROMA. I sindacati bocciano l’intesa tra partiti e governo sulle tasse e chiedono di concentrare gli 8 miliardi su buste paga e pensioni. I 5 Stelle difendono il Reddito di cittadinanza e si appellano agli altri partiti per trovare convergenza sui rimborsi immediati delle detrazioni e sul Superbonus. Il Pd propone un coordinamento dei capigruppo di maggioranza. La Lega punta invece a un vertice in settimana per avere “un centrodestra compatto su battaglie” come il fisco e le assunzioni delle forze dell’ordine. E nel frattempo i senatori in Parlamento sommergono la manovra di 6290 emendamenti. In questo quadro quanto mai caotico, il presidente del Consiglio Mario Draghi cerca di blindare la legge di Bilancio e l’accordo sul taglio delle tasse, vedendo a uno a uno, da ieri, i partiti della sua maggioranza. Ma l’ostacolo più grosso potrebbero essere i sindacati: l’incontro al Mef, dicono senza mezzi termini Cgil, Cisl e Uil è andato male, sulle tasse si sta commettendo “un errore” e ora, chiarisce Maurizio Landini “assieme valuteremo tutto ciò che è necessario per far cambiare idea a governo e maggioranza”. Altri incontri “non sono previsti”, aggiunge Pierpaolo Bombardieri, seccato come gli altri leader perché nel corso dell’ora a via XX settembre il ministro Daniele Franco si è limitato a presentare “senza un pezzo di carta l’accordo fatto in cabina di regia”. Senza margini di trattativa, insomma, perché il ministro, dice anche Luigi Sbarra, si è mostrato “indisponibile”. Ora i sindacati dovranno decidere come dare seguito a questa rottura, mentre nella sede del governo arriveranno capi delegazione e capigruppo delle Camere per presentare le loro istanze sulla manovra. Intanto i leader fanno precedere gli incontri da dichiarazioni e conferenze stampa per piantare le proprie bandierine sulla manovra ma anche per rimarcare le posizioni in vista della prossima partita, quella del Quirinale. “Mi auguro che Draghi continui a lavorare a lungo e a fare il presidente del Consiglio”, dice Matteo Salvini unendosi al coro dei tanti che auspicano la permanenza del premier a Palazzo Chigi. Mentre Giuseppe Conte invita al dialogo con tutti, anche “con il centrodestra”, per trovare il nome del successore di Sergio Mattarella. Che serva la “maggioranza più ampia possibile” è convinto anche il segretario del Pd, Enrico Letta, che vede nel metodo Draghi, dell’ascolto dei partiti prima del voto in Parlamento sulla legge di Bilancio, quello “giusto”: “Sono sicuro - dice - che alla fine insieme troveremo l’intesa ed eviteremo l’assalto all dirigenza”. La prima a varcare la soglia di Palazzo Chigi, rispettando il peso delle forze politiche in Parlamento, è la delegazione M5S. Incontro “sereno e proficuo”, dice il capo-delegazione Stefano Patuanelli dopo un’ora a colloquio con Draghi e i ministri Daniele Franco e Federico D’Incà. Il Movimento ribadisce i suoi paletti: via il tetto Isee sulle villette e meno complicazioni burocratiche per il Superbonus e, soprattutto, nessuna altra modifica al Reddito di cittadinanza. Anche il premier, assicura Patuanelli, “è d’accordo con noi, il Reddito non si tocca, questo è il limite, non si può andare oltre”. I ministri ascoltano, il premier incassa il sostegno alle scelte “espansive” operate con la manovra e non si sbilancia sulle modifiche che spetteranno, visti i tempi compressi, solo al Senato. A Palazzo Madama i partiti - che nella notte si misurano nel primo voto sul decreto fiscale- si presentano intenzionati a contare, anche se da spartirsi restano appena 600 milioni, visto che l’accordo sul piatto più ricco, quello delle tasse, è stato chiuso al Mef. Forza Italia però insisterà anche con Draghi, quando sarà il suo turno, per chiedere almeno altri due miliardi per ridurre il peso del fisco mentre la Lega andrà all’attacco del Reddito, per aggiungere risorse contro il caro-bollette. Un tema a dire il vero toccato da tutta la maggioranza.
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