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Idrocarburi “miniera d’oro”

PER I CLAN: 37 ARRESTI. CAFIERO DE RAO: “LE MAFIE SI EVOLGONO E CERCANO PROFITTI OVUNQUE”



di Francesco Loscalzo

POTENZA. Sull’asse Campania-Puglia clan mafiosi casalesi (i Diana) e tarantini (i Cicala) hanno scoperto “una vera e propria miniera d’oro nero”, con profitti di 30 milioni di euro all’anno realizzati attraverso frodi nel commercio degli idrocarburi: l’operazione “Febbre dell’oro nero” - condotta dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza con il coordinamento delle Direzioni distrettuali antimafia di Potenza e Lecce - ha portato ieri a 37 arresti (26 in carcere e undici ai domiciliari) e a sei divieti di dimora. “L’infiltrazione mafiosa nel settore della commercializzazione degli idrocarburi - ha detto il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho - è uno degli aspetti più significativi dell’evoluzione dei gruppi criminali”. Riferendosi anche alla recente inchiesta “Petrolmafie Spa”, Cafiero De Raho ha messo in evidenza come le mafie abbiano “un’importante capacità di monitoraggio del mercato, cercano profitti dovunque e si insinuano dove è più redditizio. Nel settore degli idrocarburi - ha aggiunto il procurato- re nazionale antimafia - il guadagno è del 50 per cento su quello che è stato investito. E poi c’è il netto abbassamento del rischio rispetto al profitto, ad esempio, per ciò che riguarda il traffico di sostanze stupefacenti”. Durante le indagini, durate circa 14 mesi, i Carabinieri e la Guardia di Finanza hanno scoperto che ingentissime quantità di carburante per uso agricolo, che gode di agevolazioni fiscali particolari, venivano vendute nel normale mercato come carburante da autotrazione, spesso utilizzando le cosiddette “pompe bianche”. Tutto era preparato con accortezza: persino in caso di controlli ad un’autobotte l’autista azionava una pompa che erogava un colorante per “allineare” il prodotto ai documenti esibiti. Durante le indagini, gli investigatori hanno utilizzato “captatori informatici, dispositivi gps e microfoni ambientali”: è stato scoperto, secondo le Dda di Potenza e Lecce, un “pactum sceleris” fra le società di commercio di prodotti petroliferi del gruppo Petrullo e il clan dei Diana per creare un “avamposto” del gruppo mafioso nel Vallo di Diano, “un territorio sano da colonizzare”. Sono state quindi sequestrate varie aziende che operano nel settore petrolifero, insieme a denaro contante, autocisterne, immobili e beni degli indagati per un valore totale di circa 50 milioni di euro. Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa per un carabiniere infedele, nel corso delle indagini in servizio al Comando provinciale di Salerno, prima di essere trasferito a un ruolo non operativo in un’altra provincia: è stato arrestato proprio dai militari del Comando provinciale di Salerno con l’accusa di essere stato ricompensato con taniche di gasolio (poi rivendute) per alcune informazioni sulle indagini. Sempre con l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio, due militari del Comando provinciale di Taranto della Guardia di Finanza sono stati sospesi dal servizio per sei mesi. Durante una conferenza stampa, i Procuratori distrettuali antimafia di Potenza e Lecce, Francesco Curcio e Leonardo Leone De Castris, hanno evidenziato “le numerose pressioni fatte dagli indagati sulle forze dell’ordine per avere informazioni sulle indagini in corso: ovviamente nella quasi totalità dei casi non hanno portato a nulla”

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