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Il debito «schizza» oltre i 2.500 mld

UNA SITUAZIONE ESPLOSIVA INNESCATA DALLO SHOCK ECONOMICO DELLA PANDEMIA CHE HA FATTO RADDOPPIARE IL FABBISOGNO


di Domenico Conti



ROMA. Il debito pubblico segna l'ennesimo record, e sfora la soglia psicologica dei 2.500 miliardi a fronte di un fabbisogno che lo shock economico della pandemia ha fatto raddoppiare, fra gennaio e maggio, rispetto a un anno prima. Una situazione esplosiva se non fosse per l'intervento della Bce, che proprio oggii torna a riunirsi e fare il punto sugli interventi d'emergenza anti-pandemia: con le stime sul Pil italiano ormai convergenti verso un -10% circa quest'anno, il rapporto debito/Pil, senza contare le misure di sostegno economico messe in campo dopo maggio, è già al 156%: secondo la Commissione europea o l'agenzia di rating Fitch, si raggiungerà il 160% a fine anno. Francoforte dovrebbe tirare il fiato dopo aver incrementato a giugno di 600 miliardi di euro il suo Pepp, il nuovo programma di acquisto di debito per l'emergenza pandemica, portandolo a 1.350 miliardi complessivi. Anche le maxi-operazioni di liquidità per stimolare il credito delle banche a imprese e famiglie vanno al galoppo. E non c'è motivo per nuove misure che toglierebbero castagne dal fuoco ai leader del Consiglio europeo, che da venerdì cercherà di trovare la quadra sul pacchetto di aiuti nel Next Generation Eu. Sembra questa ora la priorità numero uno per la presidente Christine Lagarde: un recovery fund massiccio e che trasferisca il più possibile risorse a fondo perduto a quei Paesi, Italia in primis, che con un debito già molto alto prima del Covid, rischiano di rimanere ancora più indietro rispetto alle economie più solide non avendo risorse da spendere tempestivamente. Non dovrebbero suscitare troppo allarme neanche le pressioni deflazionistiche in alcuni Paesi: la Bce al momento non vede nessuna deflazione. Nemmeno in Italia, dove l'Istat oggi ha certificato anche a giugno inflazione negativa, a - 0,2%, come a maggio. Ci vuole almeno un trimestre sotto zero per parlare di deflazione, e, soprattutto, ci vuole un declino generalizzato dei prezzi che si rifletta nelle aspettative future degli operatori economici che ad oggi non c'è: a pesare è il calo del petrolio mentre segnano un deciso rialzo i prezzi alimentari. Il 'carrello della spesà dell'Istat segna un +2,1%, il Codacons parla di una "illusione ottica" di deflazione e segnala anzi una stangata da 189 euro a famiglia per i rincari. C'è, invece, l'effetto perverso di un indice dei prezzi negativo che concorre ad allontanare la riduzione del debito pubblico. Il debito, solo a maggio, è volato di 40 miliardi raggiungendo i 2.507,6 miliardi, cifra mai toccata prima, a fronte di un fabbisogno più che raddoppiato nei primi cinque mesi dell'anno rispetto allo stesso periodo del 2019, 66,4 miliardi contro 29,6 miliardi di allora. È un assaggio dell'impatto della crisi del Covid sui conti pubblici: solo a maggio, le entrate tributarie si sono fermate a 24,6 miliardi, in diminuzione su anno di un terzo (- 9,5 miliardi) per la sospensione di diversi versamenti fiscali e per il minor gettito dovuto alla recessione. La spesa corrente nei cinque mesi supera di oltre 22 miliardi quella di un anno prima. Ed a maggio diverse delle misure anti-pandemia ancora non erano pienamente in vigore, con un 'tiraggio’ ancora limitato delle garanzie sui prestiti e del 'fondo perduto’ alle imprese, cassa integrazione lontana dai livelli prevedibili per fine anno. Così come mancavano, a maggio, i provvedimenti attuativi del Dl Rilancio, tutte voci di spesa il cui conto arriverà progressivamente col passare dei mesi.

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