Il Gip vede un colpevole
- direzione167
- 5 giu 2022
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FUNIVIA/LIBERTÀ PER DUE INDAGATI, CAPO SERVIZIO AGLI ARRESTI DOMICILIARI

di Igor Greganti
VERBANIA. Va agli arresti domiciliari Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone e tornano liberi Luigi Nerini, il gestore dell’impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio. Lo ha deciso il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici. I tre erano stati fermati nella notte tra martedì e mercoledì, per l’incidente che domenica scorsa ha causato 14 morti. Il gip ha valutato “che non ci sono indizi sufficienti di colpevolezza su Luigi Nerini e su Enrico Perocchio” e ha ritenuto “non credibili sufficientemente le dichiarazioni di Gabriele Tadini”, ha creduto “alla dichiarazione di estraneità di Nerini e Perocchio che hanno scaricato la scelta” dell’uso dei blocchi al freno “su Tadini”. Così il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, ha riassunto fuori dal carcere le motivazioni. In particolare, il gestore Luigi Nerini, nel suo interrogatorio, ha fatto notare che la sicurezza e le manutenzioni non sono responsabilità dell’imprenditore ma delle ditte a cui vengono affidate. “Ho messo io il ceppo blocca freno e così avevo fatto altre volte, perché negli ultimi 40 giorni c’era quel problema al sistema frenante”, ha ribadito Tadini che già martedì al procuratore Olimpia Bossi e al pm Laura Carrera aveva spiegato di aver deciso lui, anche quel 23 maggio, di mantenere i forchettoni sulle ganasce per disattivare il frno d’emergenza. E lo ha fatto, come quasi “abitualmente” nell’ultimo mese, per evitare blocchi della cabinovia dovuti alle anomalie che si registravano. Quando, però, la fune traente si è schiantata, per cause ancora da chiarire, a quel punto la cabina numero 3 non è stata agganciata dal freno sul cavo portante ed è volata via. “Non sono un delinquente, non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune potesse spezzarsi”, ha detto il tecnico quasi in lacrime (“porterò per sempre questo peso”), assistito dal legale Marcello Perillo che aveva chiesto per lui i domiciliari. Ma, soprattutto, pure ieri Tadini avrebbe messo a verbale che quella “scelta” fu “condivisa” con Nerini e Perocchio. Ha infatti dichiarato, si legge negli atti, che il titolare delle Ferrovie del Mottarone era “del tutto consapevole dell’abituale ricorso ai ‘forchettoni’”, così come Perocchio, e anzi “lo sapevano tutti”. Il primo a negare su tutta la linea davanti al giudice è stato però proprio Perocchio (difeso dall’avvocato Andrea Da Prato), dipendente della Leitner, che si occupa della manutenzione: “Non sapevo dell’uso dei forchettoni, non ne ero consapevole”. E ancora: “Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare le forchette è stata una scelta scellerata di Tadini”. Per il suo legale c’è persino la testimonianza di un tecnico esterno dell’impianto. Quando è toccato a Nerini, difeso dal legale Pasquale Pantano, la responsabilità di ciò che è accaduto è stata spostata sugli altri due. “La sicurezza non è affare dell’esercente”, è stata la sua linea difensiva. “Per legge erano Tadini e Perocchio a doversene occupare - ha aggiunto - io mi devo occupare degli affari della società e non aveva alcun interesse a non riparare la funivia”. Non aveva il potere di fermare l’impianto, sapeva, stando alla sua versione, che c’era un malfunzionamento al sistema frenante e che era stata “chiamata per due volte una ditta”, ma non che venissero usati i blocchi alle ganasce. Dalle carte risulta che Tadini, indagato anche per falso, avrebbe redatto due rapporti, sia il 23 maggio che il giorno prima, parlando di esiti “positivi” dei controlli, quando invece sentiva già da tempo “rumori”. Da un lato, c’era un impianto frenante che non funzionava e che venne bloccato coi turisti a bordo “in spregio alla sicurezza”, come scritto dai pm, e dall’altro un cavo traente probabilmente già debole che non ha retto più nel cosiddetto punto della ‘testa fusa’, dove la fune si aggancia al carrello della cabina. Quanto siano collegati questi fatti è uno dei punti fondamentali su cui dovrà fare chiarezza l’indagine.
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