Il Papa: cristianità in crisi
- direzione167
- 5 giu 2022
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FRANCESCO SPRONA LA CHIESA A INTRAPRENDERE UN NUOVO CAMMINO PASTORALE

CITTÀ DEL VATICANO. Anche questo Natale, gli auguri di papa Francesco alla Curia romana resteranno nella memoria. E non solo perché Francesco ha denunciato che “non siamo più nella cristianità” e la fede viene spesso “derisa” - una riflessione grave nell’imminenza del Natale - ma anche e soprattutto perché Bergoglio continua a spingere la sua riforma, spronando la Chiesa a cambiamenti, aperture, a liberarsi da quella “rigidità” che nasce proprio dalla “paura” del mutamento.Il Papa sigilla il tutto con un atto non certo leggero per gli equilibri curiali interni: annuncia la “rinuncia” del decano del Collegio Cardinalizio, il cardinale Angelo Sodano, figura centrale del pontificato di Giovanni Paolo II come segretario di Stato e poi ancora, nella sua posizione di primus inter pares nel Collegio, con Benedetto XVI.Poco dopo, a mezzogiorno, con bollettino ufficiale della sala stampa vaticana, fa pubblicare il suo ultimo Motu proprio che riforma proprio l’ufficio del Decano. Sarà eletto sempre tra i cardinali dell’ordine dei cardinali vescovi (gli ordini sono tre: cardinali vescovi, cardinali presbiteri e cardinali diaconi) ma avrà una durata quinquennale. Praticamente lo stesso stabilito per gli incarichi sia di curia (prefetti, presidenti di pontifici consigli, direttori di servizi, etc.), sia per i vescovi.Nel suo articolato discorso nella sala Clementina, Francesco ha spiegato così il processo di riforma che sta investendo la Curia: “Il mio pensiero va oggi ad alcuni fra i dicasteri della Curia romana” che con il cambiamento “d’epoca” in corso “hanno un esplicito riferimento già nelle loro denominazioni: la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, ma penso anche al Dicastero della Comunicazione e al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Quando queste prime due Congregazioni citate furono istituite, si era in un’epoca nella quale era più semplice distinguere tra due versanti abbastanza definiti: un mondo cristiano da una parte e un mondo ancora da evangelizzare dall’altra”. “Adesso - ha chiarito - questa situazione non esiste più. Le popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo non vivono affatto soltanto nei Continenti non occidentali, ma dimorano dappertutto, specialmente nelle enormi concentrazioni urbane che richiedono esse stesse una specifica pastorale. Nelle grandi città - è stato così il suo ‘appello’ interno - abbiamo bisogno di altre “mappe”, di altri paradigmi, che ci aiutino a riposizionare i nostri modi di pensare e i nostri atteggiamenti: fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica”. “Non siamo più - ha denunciato - in un regime di cristianità perché la fede - specialmente in Europa - non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata”. Francesco chiede quindi ai suoi primi collaboratori una “conversione” radicale di atteggiamento e prospettiva e ricorda le parole del cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, nella sua ultima intervista prima della scomparsa: “La Chiesa - ha detto citandolo - è rimasta indietro di duecento anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?”. La promulgazione al termine del Motu proprio riguardante l’Ufficio del Decano del Collegio Cardinalizio che riforma la durata del decano è altamente significativa. Bergoglio intende proseguire nell’opera con cui sta mandando avanti pezzo per pezzo la riforma della Curia e allo steso tempo ‘pensiona’ un porporato di primissimo piano (dell’età notevole di 92 anni), che ha gestito, tra le altre cose, la mediazione vaticana nella contesa tra Cile e Argentina per la sovranità sul Canale di Beagle, sfociata nella pace del 1984, ma su cui pesa anche l’ombra di essere stato parte non secondaria di un sistema di appoggi interni di cui hanno goduto prelati macchiatisi di crimini pedofili come il famigerato Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo
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