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Il Pd sfida la maggioranza

IUS SOLI/I VOTI PER L’OK CI SONO. I 5S SCETTICI: “MEGLIO LO JUS CULTURAE”



di Michela Suglioa

ROMA. Lo ius soli come il disegno di legge Zan. E’ il rischio che corre la battaglia per garantire la cittadinanza a chi è nato in Italia, fortemente voluta dal Pd che potrebbe farne la sua nuova bandiera. Ma come per l’omotransfobia, sventola su un terreno minato per le forze di maggioranza. Enrico Letta lo sa, ma insiste e lancia la sfida: “Il Pd sarà all’avanguardia e si farà portabandiera di questa battaglia in Parlamento. E lì, sono sicuro, troverà consensi e alleati per renderla effettivamente una legge”, dice al Corriere della sera. Il segretario Dem alza la voce insomma, ripete il copione dei mesi scorsi sull’omofobia e tiene alto il duello con la Lega di Matteo Salvini. In realtà, sulla carta i favorevoli sono pochi e i tempi per la cittadinanza ai ‘nuovi italiani’ non sembrano maturi, se non a colpi di coltelli. In più fra 40 giorni ci sono le elezioni amministrative, che alimen- teranno annunci e bordate che potrebbero esaurirsi col voto. Contro lo ius soli resta alto il muro del centrodestra. Oltre all’arci-noto ‘no’ della Lega, è nettissima Giorgia Meloni: “Non esiste alcun margine di trattativa su questa proposta insensata”, gela la leader di Fratelli d’Italia. Ma dubbi serpeggiano anche fra i 5 Stelle che restano ambigui e più orientati allo ius culturae (la cittadinanza ai figli di stranieri che concludono un percorso di studi in Italia) anziché a spingere per il classico ius soli. Non mancano gli scettici perfino nel Pd, memori della fatica fatta per portare in Aula il ddl Zan, oltre al rischio dei franchi tiratori nel voto segreto del provvedimento che è fermo al Senato per la pausa estiva. Del resto sul tavolo, al momento, non c’è un testo di legge a buon punto. A differenza del provvedimento sull’omofobia, sulla cittadinanza la discussione è aperta alla Camera su tre proposte di legge: finite le audizioni nella commissione Affari costituzionali, dovrebbero sintetizzarsi in un testo base su cui avviare l’esame. Un traguardo possibile a settembre, ma che potrebbe slittare fra decreti ed elezioni. In più il relatore del provvedimento, il deputato 5S Giuseppe Brescia non nasconde che lo ius soli non è la soluzione. Più fattibile il cosiddetto ius scholae su cui avviare un confronto per una mediazione. E in ogni caso solo dopo l’approvazione del ddl Zan. Quella è la priorità, ripetono in coro esponenti M5s e Dem. In ogni caso il Nazareno non ripudia il tema. A fare eco a Letta è Enrico Borghi: “Credo ci siano tutte le condizioni perché in Parlamento si possa coagulare una maggioranza”, azzarda il deputato Dem, convinto che sia “una norma di civiltà” che la storia degli atleti italiani alle Olimpiadi ha evidenziato, ricordando che “divorzio e aborto vennero approvati grazie a iniziative parlamentari che riuscirono a formare un fronte unico sul provvedimento, malgrado il no della Dc, allora partito di maggioranza”. Possibilista si mostra pure Stefano Patuanelli, capo delegazione del M5s: “Personalmente sono a favore e Paola Taverna non ha chiuso la porta, ha semplicemente sottolineato come in questo momento il Parlamento sia pieno di decreti per la lotta alla pandemia”. A sollecitare la legge è Italia viva ma nella versione dello ius culturae. Lo ribadisce Matteo Renzi che rivendica il passato: lo ius culturae “era un testo già approvato alla Camera nel 2015 quando ero al governo. Altri lo hanno bloccato nel 2017”. E punzecchia: “E’ uno dei terreni dove vediamo le profonde differenze tra Pd e M5s”. Non a caso la ministra della Famiglia, Elena Bonetti, di Iv, lancia un appello: “La legge sulla cittadinanza non diventi una bandierina per le amministrative né a destra né a sinistra”. Accuse rilanciate dalla Lega. Il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni chiede a Letta perché “non abbia fatto lo ius soli quando era premier” e conclude: “Ho la netta sensazione che il Pd e Letta non stiano cercando diritti, ma voti”. Ironico il leghista Roberto Calderoli: “Enrico stai sereno, te lo si dice per la seconda volta”, mentre Maurizio Gasparri di Forza Italia taglia corto: “Se lo metta in testa: questa norma non passerà né ora né mai. Letta è il re delle cause sbagliate

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