Il Pd taglia i ponti con Renzi
- direzione167
- 5 giu 2022
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GOVERNO/VOCI DI FRATTURA IN ITALIA VIVA CHE RISCHIA DI FINIRE NEL GRUPPO MISTO

di Serenella Mattera
ROMA. “Abbiamo voltato pagina”. Il Partito democratico taglia i ponti con il suo ex segretario. La base “in rivolta” e la sorpresa per aver sentito Matteo Renzi respingere l’ultima mediazione, compattano i “big” Dem, con Nicola Zingaretti stanno tutti, da Dario Franceschini al leader della minoranza, Lorenzo Guerini. I distinguo all’indomani della rottura sono solo una sfumatura, nelle dichiarazioni di chi come Andrea Marcucci fino all’ultimo non vorrebbe negare il varco a “ripensamenti”. La minoranza guidata da Matteo Orfini auspica che si ‘tenga’ Iv allargando la maggioranza ai responsabili contiani, con una mossa che sminerebbe Renzi rendendolo “non più indispensabile”. Un’opzione che anche altri avrebbero caldeggiato nelle prime ore dopo la rottura. Ma nel “day after”, sembra poco più di un auspicio. “A questo punto è o ‘C’, o ‘C’”, o un governo Conte sostenuto dai responsabili, o un governo Cartabia che traghetti l’Italia alle elezioni anticipate a giugno. Queste due uniche alternative vedono a sera in casa Dem. Il voto non è un auspicio, ma sarebbe l’esito drammatico della rottura. Perché il Pd non sosterrebbe un governo di larghe intese con la destra: lo dice Nicola Zingaretti all’ora di pranzo, nel riunire l’ufficio politico del Pd, con ministri e capigruppo. E sarebbe un’ipotesi dell’irrealtà, secondo un dirigente, ragionare - come invita a fare Renzi - a un premier come Franceschini: i Cinque stelle non lo sosterrebbero. Dunque, a tarda mattinata arriva il via libera: se si paleserà da qui a lunedì “alla luce del sole” un nuovo gruppo che sostenga il governo “europeista” di Conte in Aula, ben venga. “Non c’è da vergognarsene”, dice Dario Franceschini, che fino all’ultimo ha tenuto un canale aperto con Renzi. Ora anche i parlamentari della sua Area Dem sentenziano che è troppo tardi per ricucire. Più che sui ripensamenti dell’ex premier e una sua riconciliazione (impossibile) con Conte, è sui ritorni a casa di deputati e senatori di Iv che si scommette in queste ore nei gruppi Dem. La partita dei responsabili è in mano a Giuseppe Conte, precisano dal partito, ma il Pd apre a una maggioranza con un nuovo gruppo contiano che si palesi “alla luce del sole”. In nome della responsabilità e della necessità, come spiega Nicola Zingaretti nel pomeriggio ai segretari regionali, di evitare in piena pandemia Covid di aprire una crisi che porti il Paese al voto. Concordano gli ex renziani: si lavora per non far cadere il governo. Sono loro, gli esponenti di Base riformista, i più spiazzati dall’ex leader e anche delusi: “Incredibile che abbia giocato così questa mano di poker, ha fatto avvitare la crisi ma così si è infto in una buca anche lui”. Cautela, però. La partita dei ‘responsabili’ non è chiusa, aggiungono al Nazareno. Ed è questa l’ultima scommessa di Renzi, che l’operazione di Conte fallisca e apra la strada a un nuovo premier. Sembra un azzardo, nelle ore in cui i “responsabili” iniziano a palesarsi, a partire da Riccardo Nencini, che a Renzi ha “prestato” il simbolo Psi per formare il gruppo al Senato. Lo spauracchio, già si beano gli avversari, è che l’ex premier finisca nel gruppo Misto. Ma Renzi, che in giornata si fa vedere a una riunione in videoconferenza con i senatori Iv, è un’altra: “Stanno giocando il tutto per tutto. Se vincono martedì avranno 163 voti e nascerà il governo Conte- Mastella. Se perdono dovranno tornare a parlare con noi”. Renzi sarebbe stato stupito della reazione di rottura dei Dem, ma chi ancora tiene i contatti con lui gli ribatte che era stato avvertito. Nei gruppi di Iv inizia a trapelare qualche preoccupazione. E se nelle riunioni deputati e senatori non si smarcano apertamente, a taccuini chiusi iniziano a far trapelare distinguo. “Avevamo avvertito Renzi di questo”, dice un esponente Pd. Si parla di divisioni anche tra i dirigenti, anche se Ettore Rosato smentisce. Nei prossimi giorni qualcuno potrebbe bus- sare alla porta dei gruppi Pd, qualcun altro andare ai responsabili. “Almeno tre, forse cinque”, dicono al Senato. Il varco questa volta per Renzi è strettissimo. Solo se riuscirà a tenere i suoi, può sperare di vincere la sua scommessa.
















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