Il premier non si dimette
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 4 min
SFIDA A RENZI. MA PRIME CREPE PD-5S SUL NOME DI CONTE. IV: SEGNALI O VOTIAMO NO

di Serenella Mattera
ROMA. Non si fida del sentiero che passa dalle dimissioni, Giuseppe Conte. Ecco perché il premier continua a resistere all’assedio di chi gli consiglia di dimettersi prima di mercoledì e provare a resettare tutto per arrivare al suo governo “ter” con una maggioranza allargata al centro. A chi lo sente dice di preferire la sfida a viso aperto in Aula al Senato, su un tema delicato come la giustizia: si vedrà se i parlamentari di Italia viva seguiranno davvero Matteo Renzi nel votare No, si vedrà se alla fine i “costruttori” se ne resteranno ancora sugli spalti. La strada a Renzi resta sbarrata, per ora le dimissioni vengono negate. Ma 48 ore sono lunghe, un cambio di schema - apertura a Renzi inclusa - nella maggioranza non lo escludono più. La relazione del ministro Alfonso Bonafede potrebbe contenere il segnale atteso dal Pd sulla riforma del processo civile e penale. I pontieri sono al lavoro, circola l’ipotesi di un decreto per la riforma che accelerando i processi smini anche il blocco della prescrizione. Ma i Cinque stelle non sono pronti a digerire abiure sulle loro bandiere, Italia viva non è disposta ad accontentarsi. E poi, come dichiara Luigi Di Maio, il voto è ormai diventato un voto sul governo. Su Bonafede, ma anche su Conte. Se la relazione sarà bocciata, non solo il Guardasigilli ma l’intero esecutivo e lo stesso premier rischiano di essere travolti. Perché l’operazione responsabili sembra già fallita. Ed è difficile, osservano fonti parlamentari, che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella possa dare al premier un reincarico. E a quel punto si potrebbe scivolare verso lo scenario del voto, che - negli auspici dei contiani - potrebbe ‘cancellare’ Matteo Renzi relegandolo sotto il 3% e incoronare Conte leader dell’alleanza progressista con Pd-M5s-Leu. Ma si potrebbe anche allargare una faglia che inizia a intravedersi tra le fila parlamentari di Pd e M5s, aperta da chi promette che farà di tutto per sventare il voto. Il Nazareno e i leader M5s continuano a “blindare” Conte come unico premier possibile (e digeribile dai gruppi M5s). Ma dalla minoranza Pd ricordano che la dire-ione Dem non si è mai chiusa: la linea del voto andrebbe discussa e sia Bettini che Orlando hanno definito le urne “una sciagura”, per quanto forse inevitabili per colpa di Renzi. E anche tra i pentastellati c’è chi a taccuini chiusi dice che “non si può rischiare di far saltare il Recovery per salvare Conte”. Un nuovo governo senza Conte, magari con una “maggioranza Ursula” che includa FI: ecco la minaccia che anche qualche pontiere paventa al presidente del Consiglio. Senza fatti politici nuovi entro le prossime 48 ore, il premier - è il suggerimento - dovrebbe presentarsi al Quirinale per rassegnare le dimissioni e aprire ufficialmente il tavolo per il Conte ter. La linea potrebbe anche essere definita in un vertice con i capi delegazione e leader di Pd, M5s e Leu. Riunioni non sono però ancora convocate, anche se le fonti più avvedute già ragionano sugli eventuali passi formali da compiere. Se Conte andasse al Colle il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe dargli un mandato esplorativo se non fosse uscita allo scoperto una maggioranza certa, o dargli l’incarico pieno di formare un nuovo governo, se si palesassero numeri certi con Italia viva e magari un gruppo di centristi. Ma può Conte fidarsi? Pd e M5s gli garantiscono di sì. Ma il rischio è che nelle more delle consultazioni Renzi, magari con gli stessi centristi, apra a ipotesi diverse. Ed è vero che Conte tiene aperto il filo con la parte più dialogante di Forza Italia, su proporzionale, elezione del capo dello Stato, Recovery e anche, secondo qualcuno, telecomunicazioni. Ma un sostegno aperto di FI a un Conte ter è difficile che si materializzi subito, comunque non prima del voto al Senato sulla giustizia. Al Quirinale restano in attesa di notizie ufficiali, mentre i telefoni dei partiti ribollono di indiscrezioni e ipotesi. “Chiamare” o no Renzi, questo è il dilemma. Al Nazareno aperture non se ne registrano: “Il problema - dice un parlamentare vicino a Zingaretti - è molto più complicato di certe facilonerie. Il Pd vuole dare all’Italia un governo autorevole e stabile che possa con credibilità affrontare i prossimi mesi e chiudere la legislatura. Alzi la mano chi ha il coraggio di dire senza essere deriso che Renzi garantisce credibilità e stabilità o durata a un governo”. In parallelo anche da Iv dicono che, a parte una telefonata di Conte a Ettore Rosato - come agli altri gruppi di opposizione - per annunciare la nomina di Piero Benassi a sottosegretario con delega ai Servizi, segnali veri di apertura non se ne sono visti. Perciò Renzi conferma l’orientamento per il No su Bonafede. Ma Iv è pronta a sedersi al tavolo e rivedere la linea, magari astenersi, se un segnale arriverà. La riunione dei gruppi renziani è prevista mercoledì. A quel punto - scommettono i fautori della sfida in Aula - i renziani potrebbero spaccarsi e non seguire il leader sulla linea del No: Renzi potrebbe dare un segnale unilaterale di apertura al governo, e di debolezza, virando verso l’astensione. Ma se non accadrà, Conte rischia davvero di andare a sbattere: ormai anche i ministri lo avvertono del rischio.
Comments