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Impeachment, nuovi dettagli

CASA BIANCA/STOP AGLI AIUTI A KIEV 90 MINUTI DOPO LA TELEFONATA DI TRUMP


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WASHINGTON. Spuntano altri dettagli compromettenti contro Donald Trump mentre il presidente twitta a sua difesa le parole di Vladimir Putin (“accuse inventate”, “sarà assolto al Senato”) e accusa la speaker della Camera Nancy Pelosi di violare la costituzione ritardando l’invio degli articoli d’impeachment al Senato in attesa di garanzie per un processo equo. Un dirigente dell’ufficio budget della Casa Bianca, Michael Duffey, ordinò al Pentagono di sospendere gli aiuti militari americani a Kiev contro l’aggressione russa appena 90 minuti dopo la telefonata del 25 luglio scorso in cui Trump chiese al presidente ucraino Volodymyr Zelensky “il favore” di aprire un’ inchiesta sul suo rivale politico nella corsa alla Casa Bianca Joe Biden, colloquio al centro della messa in stato d’accusa. Duffey pregò inoltre il ministero della difesa di far sapere l’ordine solo alle persone necessarie per eseguirlo “data la natura sensibile della richiesta”, secondo quanto rivela una serie di email diffuse dal Pentagono dopo un’istanza avanzata dall’ong Center for Public Integrity sulla base della legge sulla libertà di informazione. Circostanze su cui ora i democratici intendono far luce. Per questo hanno chiesto di sentire Duffey tra i testimoni, insieme al capo dell’ufficio budget della Casa Bianca Mick Mulvaney e all’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton. Ma il leader della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell ha respinto la mossa perché vuole un processo lampo in cui liquidare l’impeachment come una faziosa aggressione politica. Il dibattimento resta quindi nel limbo. La Pelosi ha ‘parcheggiato’ i capi d’imputazione alla Camera sperando di ottenere un effetto impeachment nella campagna elettorale che ini zia in febbraio e di rompere il fronte repubblicano: bastano quattro senatori per cambiare la maggioranza e convocare i testimoni. Uno virtualmente c’è già: l’ex can- didato presidenziale Mitt Romney, che ha promesso di essere un “giudice imparziale”. Altri potrebbero aggiungersi, soprattutto tra quelli che ritirandosi non devono temere le ire di Trump. Intanto l’ex senatore Jeff Flake, uno dei repubblicani più critici del tycoon, ha invitato i suoi colleghi dalle colonne del Washington Post a “mettere il Paese sopra il partito: potreste salvare il Grand Old Party prima che sia troppo tardi”. “Potete concludere che le azioni del presidente giustifichino la sua rimozione o che non raggiungano gli standard costituzionali richiesti per la destituzione... ma ciò che è indifendibile è riecheggiare i repubblicani della Camera dicendo che il presidente non ha fatto nulla di male”, scrive in un intervento appassionato, ricordando ai suoi colleghi che “quasi tutti voi avete condannato il comportamento di Trump nella campagna del 2016”. “E’ cambiato lui o siete cambiati voi?”, chiede in modo retorico. Molti si chiedono cosa succederebbe al Senato se ci fosse ancora John McCain, vero antagonista del tycoon

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