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Incerto il destino di Trump

CASA BIANCA 2020/L’IMPEACHMENT PESA SULLA CAMPAGNA, AI DEM MANCA UN LEADER


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di Ugo Caltagirone

WASHINGTON. “Uncharted waters”, acque inesplorate. L’espressione più volte usata e abusata durante la grande crisi finanziaria ed economica degli anni 2000 riecheggia di nuovo in vista delle presidenziali statunitensi del 3 novembre 2020. Perchè, ad un anno esatto dal voto, in America regna la più assoluta incertezza sul destino di Donald Trump, travolto dall’Ucrainagate. Ma anche su chi tra i candidati democratici prenderà lo scettro che, con esiti diversi, nel 2008 fu di Barack Obama e nel 2016 di Hillary Clinton. Con l’ex vicepresidente Joe Biden in evidente difficoltà e la paladina progressista Elizabeth Warren troppo schierata a sinistra e invisa a Wall Street. La campagna elettorale che si appresta a entrare nel vivo con la stagione delle primarie si preannuncia dunque una delle più drammatiche e imprevedibili della storia recente degli Usa, intrecciandosi inevitabilmente con un processo a cui il presidente in carica difficilmente riuscirà a sfuggire. Ora come ora è infatti difficile pensare che la Camera del Congresso, a maggioranza democratica, alla fine delle indagini non voti gli articoli per la messa in stato di accusa di Trump, rinviandolo al giudizio dell’aula del Senato. Ed è qui che, fin da ora, si gioca la partita del tycoon: se riuscirà a tenere unito il fronte repubblicano la vicenda dell’impeachment po- trebbe diventare per lui il definitivo trampolino di lancio per la rielezione e un boomerang per le aspirazioni democratiche di riconquistare la Casa Bianca. Ma se quel fronte si sfalderà davanti a prove sempre più schiaccianti, allora le chance di Trump di arrivare alle urne si ridurrebbero al lumicino. Non è un caso se in casa repubblicana c’è già chi sta lavorando a un piano B. Non se ne parla, ma non si può rischiare di restare senza un candidato forte se dovesse cadere Trump. Così dal vicepresidente Mike Pence al senatore Mitt Romney, sono molti i nomi che circolano, compreso quello della ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley. Il destino di Trump è però legato anche ad altri fattori, a partire dall’andamento dell’economia e dei mercati. La sua posizione sarà più forte se la locomotiva Usa continuerà a correre così come corre Wall Street, a dispetto delle nubi che si stanno addensando sull’economia globale e che che lasciano intravedere una possibile nuova recessione. I democratici lo sanno bene ma - uniti nella battaglia sui valori da difendere dall’onda del trumpismo - appaiono profondamente divisi sulla strategia da seguire su economia, welfare, tasse. Divisi tra chi cerca di tenere viva l’eredità di Obama e di tenere unito il Paese e chi vuole una rottura col passato e un cambio di passo deciso. E lo scontro tra le due anime del partito democratico rischia di fare il gioco degli avversari. “Non siamo qui per compiacere qualcuno e io non faccio campagna con l’obiettivo di non urtare la sensibilità di nessuno”, ha ribadito nelle ultime ore una sempre più aggressiva Elizabeth Warren, calandosi oramai in quel ruolo di frontrunner che sembra aver definitivamente scippato al moderato Biden, sempre più in dif-

ficoltà non solo di immagine ma anche di soldi per la campagna. Così, con la fine della ‘Betomania’ che ha portato all’addio di Beto O’Rourke e con l’inconsistenza finora mostrata da candidati come Kamala Harris, il ruolo di anti-Warren è sempre di più di Pete Buttigieg, il sindaco di South Bend partito come il vero outsider del gruppo e sempre più popolare tra la gente e in alto nei sondaggi. Ma con la mancanza di un vero leader anche in casa democratica aleggia un piano B. Tutto probabilmente dipenderà da come andranno i primi appuntamenti delle primarie in Iowa e New Hampshire, a febbraio. Se Biden crolla e Warren dovesse decollare, potrebbero essere pronti a scendere in campo personaggi come il tre volte sindaco di New York Michael Bloomberg o il numero uno di Disney Bob Iger. Ma attenzione, alla finestra ci sarebbe anche lei, Hillary Clinton, in cerca di rivincita.

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