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Italia particolarmente esposta

SOLEIMANI/IL GEN. CAMPORISI SPIEGA I RISCHI CHE CORRONO LE NOSTRE TRUPPE



ROMA. Niente "boots on the ground" - truppe sul terreno - ma blitz mirati delle forze speciali e attacchi missilistici con aerei senza pilota, guidati dalle informazioni di intelli- gence. E' la cosiddetta "dottrina Gates", che ha cambiato il modo di fare la guerra e che ormai gli Usa adottano da anni. L'ultima volta proprio ieri, con il raid - dalle conseguenze imprevedibili - che ha ucciso il generalissimo iraniano Qassem Soleimani. "Non c'è dubbio che di fronte a questa azione l'Iran dovrà reagire, non può perdere la faccia. In che modo? Non lo sappiamo, ma è chiaro che l'Italia con i suoi mille militari in Libano, gli 800 addestratori proprio in Iraq e 300 militari in Libia, dove c'è un nostro ospedale è particolarmente esposta", commenta il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa. "Faccio una premessa dottrinale", esordisce il generale. "Il segretario alla Difesa Usa Robert Gates, prima di lasciare il suo incarico, fece un discorso ai cadetti di West Point molto importante. Disse che chi dopo di lui avesse consigliato al presidente di schierare in un qualsiasi teatro operativo una grande armata per difendere gli interessi e la sicurezza Usa avrebbero dovuto ricoverarlo in manicomio. Il futuro della guerra al terro- rismo e al 'nemico', aveva infatti avvertito, ormai era un altro: niente reparti sul terreno e rischio di perdite elevate, ma strike e blitz mirati nei confronti di obiettivi specifici. E' la dottrina che ormai da tempo gli Stati Uniti stanno applicando: da questo punto di vista non c'è stata discontinuità tra Obama e Trump. Si tratta di un approccio funzionale anche alle politiche elettorali: 'non rischio la vita dei miei ragazzi'. Dunque, questo è quello che è successo con Soleimani". Tuttavia, avverte Camporini, "questa è la prima volta che il blitz colpisce sì un bersaglio, perchè Solemaini è considerato l'artefice delle campagne militari iraniane, ma anche un personaggio politico di altissimo spessore. Ed avere attaccato il livello politico dell'avversario vuol dire avere innalzato l'escalation ad un gradino dove non si era mai arrivati prima. E' stata varcata la linea rossa e non sappiamo cosa c'è dietro".

Secondo l'ex capo di stato maggiore della Difesa "è difficile dire cosa succederà, ma di sicuro l'Iran dovrà reagire. In che modo? Nei confronti delle truppe americane sul terreno, forse, ma le truppe Usa sono modeste. Oppure contro Israele. A questo riguardo ricordiamo che in Libano la situazione politica è a dir poco confusa, gli Hezbollah sono filo iraniani ed è ipotizzabile una ritorsione contro Israele che passa attraverso la 'Linea blu', dove sono schierati 12.000 uomini dell'Onu e un migliaio di italiani che hanno il comando della missione". Ripercussioni militari a parte, "questa escalation - conclude Camporini - ci toc- cherà comunque: il prezzo del petrolio comincerà a salire e ognuno di noi se ne accorgerà quando farà il pieno di benzina". Certo, la guerra dei droni - ad uccidere Soleimani sarebbero stati due Predator, un MQ-9 Reaper e un MQ-1C Grey, che avrebbero centrato con quattro missili le auto su cui viaggiavano il generale ed altri ufficiali - ha molti sostenitori, ma anche parecchi detrattori. Il problema è soprattutto quello dei cosiddetti "danni collaterali", vale a dire delle vittime civili dei bombardamenti compiuti con questi aerei "a pilotaggio remoto". Un problema che in passato ha innescato serie crisi tra gli Usa e quei Paesi, segnatamente il Pakistan, in cui i droni sono stati utilizzati massicciamente per bombardare target terroristici, poi rivelatisi sbagliati, o il cui annientamento ha comunque comportato l'uccisione anche di molte persone innocenti.

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