Jagger a Trump: cambia musica
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
di Ugo Caltagirone
I ROLLING STONES CONTRO L’UTILIZZO DEI LORO BRANI. ORA ANCHE JOHN WAYNE È RAZZISTA

WASHINGTON. L'ira dei Rolling Stones si abbatte su Donald Trump, come se il presi- dente americano non avesse già abbastan- za grane in vista di una rielezione che appa- re sempre più in salita. Mick Jagger e com- pagni però stavolta fanno sul serio, minac- ciando di fare causa al tycoon se continue- rà ad utilizzare i loro brani per galvanizzare i supporter. Anche questo uno strascico del- lo sciagurato comizio di Tulsa, in Oklaho- ma, che doveva segnare il rilancio di Trump e che invece si è trasformato in un fiasco con un seguito di polemiche a non finire. Un evento ad alto rischio contagio e in piena protesta antirazzista, insomma, con cui la leggendaria rock band non avrebbe voluto avere niente a che fare. Invece a Tulsa, per tenere alta la temperatura nell'are- na, la campagna del presidente ha deciso di riproporre le note di 'You can't always get what you want', un classico del 1969 degli Stones. Questo nonostante la diffida già a suo tempo inviata dai legali del gruppo, dopo che il brano fu usato da Trump duran- te la campagna del 2016. Ora lo stesso team di avvocati ha contattato l'agenzia che si occupa dei diritti musicali, la Bmi, per bloc- care una volta per tutte lo sfruttamento non autorizzato della musica della band. E nella notifica alla campagna del presi- dente si scrive a chiare lettere che Mick Jag- ger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts sono decisi a portare Donald Trump in tribunale se le loro richieste verranno ancora ignorate. Altro che le serate di blues alla Casa Bianca (era il 2012) quando Mick si rivolgeva a Barack e Michelle Obama di- cendosi enormemente onorato dell'invito, prima di esibirsi davanti alla coppia presi- denziale e ai loro ospiti. Ma da Tom Petty a Neil Young, sono molte altre le leggende della musica che hanno messo in guardia il tycoon dallo sfrut- tare a suo vantaggio la loro arte. La famiglia di Petty, morto nel 2017, ha chiesto ufficialmente alla campagna del presidente non usare più i suoi brani dopo che 'I won't back down' è stata anch'essa suonata a Tulsa: "Tom non avrebbe mai voluto che un suoi brano fosse usato per una campagna d'odio". Intanto Trump, che ha scelto di rimanere alla Casa Bianca nel weekend invece della gita nella sua dimora in New Jersey, segue passo passo ogni polemica. Qualcuno - come racconta un lungo articolo di Politico - lo descrive deluso, frustrato. Sondaggi alla mano sarebbe oramai quasi rassegnato al- l'idea che la sconfitta a novembre è molto più probabile di qualche mese fa, a meno che non subentri una svolta. Il tycoon, nel- le sue stanze, rimugina e twitta, rivolgendo- si sempre più alla pancia del suo elettorato. Insulta Joe Biden, descrivendolo come "una persona dal basso quoziente intellettivo". Definisce "gente fantastica" alcuni fan in Florida ripresi in un video mentre strilla- no 'white power'. Attacca il New York Times negando la storia della Russia che pagava i talebani per uccidere i soldati Usa. Ed esulta per il giro di vite su chi danneggia i mo- numenti storici: "Ho fermato i vandali", as- sicura, commentando l'arresto di alcune per- sone coinvolte nella protesta, tra cui uno dei manifestanti che hanno tentato di tirare giù la statua dell'ex presidente Andrew Jack- son, davanti alla Casa Bianca. Ma la guerra ai simboli del non risparmia niente e nessu

no. E se il Mississippi si appresta a una svolta storica, eliminando dalla sua bandiera l'em- blema confederato, nel mirino è finito anche John Wayne, considerato dai detrattori un razzista contro neri, gay e nativi americani. Così avanza una risoluzione per strappare il suo nome da uno degli aeroporti di Los Angeles, quello di Santa Ana, che fu dedi- cato all'icona della cinematografia western nel 1971. L'anno della sua morte, ma anche l'anno dell'intervista a Playboy in cui si de- finì "un suprematista bianco", spiegando "non sentirsi in colpa" del fatto che cinque o dieci generazioni prima di lui esistesse la schiavitù in America.
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