L’Australia espelle Djokovic
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
NOVAK E IL COVID/IL CAMPIONE COSTRETTO A RINUNCIARE AGLI OPEN BATTUTO DAL GOVERNO DI CANBERRA

di Luca Mirone
ROMA. Ha schiacciato tutti i suoi avversari ovunque, sulla terra rossa, l'erba ed il cemento, ma ha perso la partita più difficile fuori dai campi da tennis. È finita così per Novak Djokovic in Australia: espulso per non essersi vaccinato contro il Covid e costretto a rinunciare agli Open. Il campione serbo è stato battuto in tribunale dal governo di Canberra, che ha esultato per aver difeso "la salute e l'ordine pubblico". Il protagonista di questa battaglia legale, che lo ha tenuto in un limbo per dieci giorni, ha incassato il ko con "delusione" ed ha lasciato il Paese. Con l'unico pensiero di "riposarsi", magari nella sua Serbia, ferita e pronta ad accoglierlo da eroe nazionale. Mentre a Melbourne il torneo che si apre perde uno dei protagonisti più attesi. La Corte federale ha chiuso così una vicenda iniziata il 5 gennaio scorso, quando l'immigrazione australiana aveva fermato Djokovic, respingendo la sua documentazione sul Covid. Un caso diventato ben presto intrigo internazionale, con tensioni diplomatiche crescenti tra Canberra e Belgrado. I tre giudici, dopo aver esaminato a lungo le posizioni delle parti, hanno confermato all'unanimità l'annullamento del visto al tennista disposto dal governo australiano. Senza entrare nel merito, ma considerando l'iniziativa dell'esecutivo legale. Niente da fare per la difesa, secondo cui non c'erano prove che il suo assistito alimentasse i sentimenti no vax. Tra lo sconforto dei fan del campione, che hanno atteso la sentenza fuori dal tribunale. Il numero uno del tennis mondiale, incassata la sconfitta, ha dovuto subito lasciare l'Australia, dove non in teoria non potrà mettere più piede per tre anni. "Estremamente deluso" pur "rispettando la sentenza", ha commentato a caldo prima di salire a bordo di un volo per Dubai. Forse in qualche modo sollevato dopo il "disagio per l'attenzione delle ultime settimane", il serbo ha augurato "tutto il meglio per il torneo" che sta per cominciare. Chiudendo almeno per il momento la questione. Perché nel prossimo futuro, ha spiegato, ci sarà spazio soltanto per "riposarsi e riprendersi". L'espulsione di Djokovic è stata accolta con soddisfazione dal governo australiano. A partire dal ministro più intransigente, il titolare dell'Immigrazione Alex Hawke, che aveva annullato il visto al campione per due volte temendo che la sua permanenza in Australia fosse un problema di salute pubblica e potesse provocare "disordini" alimentati dai no vax, che lo considerano un idolo. La sentenza di Melbourne permetterà di "mantenere forti i nostri confini e proteggere gli australiani, che hanno fatto grandi sacrifici" nella lotta al Covid, ha sottolineato il primo ministro Scott Morrison. Che ha adottato una delle politiche più restrittive al mondo contro la pandemiaIn Serbia, dove Djokovic è considerato il miglior testimonial dell'orgoglio nazionalista, le reazioni delle autorità sono state di profonda irrita zione. "Può tornare a testa alta", ha affermato il presidente Aleksandar Vucic, accusando l'Australia di aver "maltrattato un tennista per dieci giorni per poi prendere una decisione che conoscevano dall'inizio". La revoca del visto è stata "scandalosa", gli ha fatto eco la premier Ana Brnabic, rilevando come la giustizia si sia espressa "due volte in modo contraddittorio in pochi giorni". A questo punto il primo Grande Slam dell'anno rischia di essere ricordato soprattutto per l'uscita di scena di Djokovic, più che per i risultati sul campo. Al suo posto giocherà l'italiano Salvatore Caruso, 150esimo al mondo, ma senza la star serba sarà "una sconfitta per il tennis", ha commentato l'Atp. Quanto a Nole, oltre a perdere la chance di diventare il tennista più titolato di sempre, subirà un danno di immagine ed economico che potrebbe raggiungere i 50 milioni di euro. Un conto salatissimo per l'ostinata scelta di non vaccinarsi, al contrario della stragrande maggioranza dei suoi colleghi.
















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