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L’economia è a prova di Omicron

I dati della manifattura non frenano e il Pil può assestarsi oltre il 6%



ROMA. La ripresa dei contagi e le ultimissime misure di contenimento decise dal governo per arginare la variante Omicron non hanno inciso sull’andamento dell’economia. O almeno ancora non così tanto da aver compromesso il rimbalzo rispetto al 2020 ed invertito la tendenza al rialzo in atto da mesi e che ha portato probabilmente il Pil italiano a chiudere il 2021 con una crescita superiore al 6%. Forse al 6,3%, come indicato dall’Istat qualche settimana fa, o forse anche di più: al 6,4% o al 6,5%, come si è spinto a pronosticare il ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta, difendendo la scelta di far rientrare fisicamente al lavoro i dipendenti pubblici. La variante sta oggi costringendo a casa un milione di italiani ma, stando alle rassicurazioni del ministro, l’economia ha finora retto il colpo. Rispetto alle previsioni della NaDef, che indicavano una crescita nel 2021 del 6% dopo il drammatico -8,9% dell’anno precedente, il Pil potrebbe essere dunque aumentato di qualche decimale in più. Per avere una prima stima concreta bisognerà aspettare il 31 gennaio, quando l’Istat fornirà i dati del quarto trimestre e con quelli anche la media d’anno. Ma per ora, nonostante tutto, i consumi sembrano aver retto anche a Natale, il turismo e i servizi sono stati penalizzati ma solo nell’ultima parte dell’anno, e l’industria ha continuato a marciare. Ne è prova l’indice Pmi manifatturiero che a dicembre ha segnato il diciottesimo mese consecutivo di espansione e, malgrado un lieve rallentamento rispetto a novembre, è risultato superiore alle attese degli analisti. Alcuni settori, come appunto il turismo e in generale l’intrattenimento, dalle discoteche chiuse agli stadi, ai teatri ai cinema, subiranno l’effetto dell’ondata Omicron e delle misure conseguenti, ma a preoccupare al momento non è solo il Covid. L’impatto peggiore sull’economia potrebbe averlo il caro-bollette, un macigno sia per i bilanci familiari che per quelli delle imprese. Nel 2021 il governo è intervenuto 3 volte, stanziando complessivamente oltre 8 miliardi di euro, non abbastanza però per neutralizzare gli aumenti, almeno non per tutti. Il +55% della luce e il +42% del gas scattati il primo gennaio hanno quindi spinto i partiti a chiedere di più. La Lega, ma anche Leu al lato opposto del Parlamento e il Movimento 5 Stelle, propongono di modificare gli obiettivi di deficit e di varare un nuovo scostamento. Un’idea che il governo non sembra escludere a priori. Cifre esplicite non le ha ancora fatte nessuno, ma perché gli interventi possano essere significativi, perché il caro-energia venga arginato anche per le grandi imprese energivore, perché vengano erogati nuovi ristori e perché si possa magari anche prolungare la cig Covid per i settori più colpiti, come appunto il turismo, ci si potrebbe aggirare, secondo indiscrezioni, sui 7-10 miliardi. Si ripercorrerebbe in questo caso la stessa strada intrapresa dal governo Conte II all’inizio dello scorso anno. Anche in quel caso, appena chiusa la manovra, il governo varò a metà gennaio uno scostamento da oltre 30 miliardi di euro proprio per finanziare i successivi sostegni anti-Covid. Dalla sua parte questa volta il governo Draghi ha però contestato i pubblici in ripresa. Non solo il Pil ma anche il fabbisogno ha dato finora decisi segnali di miglioramento, anche superiori rispetto a quelli indicati nella NaDef (e che lasciano presagire quindi anche un buon andamento del debito). Nel 2021 è sceso a 106 miliardi dagli oltre 158 miliardi del 2020, testimoniando un graduale ritorno alla normalità dopo l’esplosione dovuta ai ristori e alla sospensione delle tasse legati all’emergenza Covid.

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