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L’ombra del “buy american”

TENSIONI SUL COMMERCIO E I MIGRANTI AL VERTICE TRA BIDEN, TRUDEAU E OBRADOR



WASHINGTON. Ricuciti i rapporti con gli alleati europei dopo lo “strappo” sull’Afghanistan e la crisi dei sottomarini con Parigi, Joe Biden tenta di rilanciare i rapporti con i vicini ricevendo alla Casa Bianca il premier canadese Justin Trudeau e il presidente messicano Andrés Manuel Lopez Obrador proprio mentre la Camera Usa si prepara a votare il suo piano per welfare e clima da 1.750 miliardi. E’ il “summit dei leader dell’America del nord”, noto anche come il ‘summit des tre amigos”, il primo dal 2016, dopo che Donald Trump ha abbandonato questa prassi annuale incrinando i rapporti con i due alleati a colpi di dazi e di mattoni per il muro al confine col Messico contro un’immigrazione dipinta come “criminale”. I toni sono decisamente cambiati ma i problemi restano, nonostante l’intenzione di collaborare su vari fronti: la pandemia, il clima, i flussi migratori, la catena di fornitura, la lotta contro il lavoro forzato o a basso costo, la tutela delle donne delle popolazioni native. Le preoccupazioni principali dei due alleati sono legate all’agenda politica ed economica di Biden, che in parte ricalca quella di Trump, ossia la spinta protezionista del suo ‘Made in America” o “Buy American” per produrre e comprare merce americana. “Acquistare americano non è una promessa ma una realtà dura e pura”, ha detto recentemente il presidente a proposito del piano da 1.250 miliardi di dollari che la sua amministrazione vuole dispensare per rinnovare le vetuste infrastrutture americane, detassare la produzione di auto elettriche made in Usa e incentivare le aziende delle rinnovabili che usano materiali americani. Una pioggia di aiuti, accusano gli alleati, che rischia di causare distorsioni nel mercato e violare l’Usmca, il nuovo accordo commerciale nordamericano negoziato sotto Trump che ha sostituito il vecchio Nafta. Trudeau ha già ammonito che il piano di Biden avrà un “impatto davvero negativo” e il suo ministro dell’industria minaccia ricorsi in base all’Usmca sui crediti fiscali americani per le auto elettriche. Non mancano altri elementi di tensione tra Ottawa e Washington, che condividono la più grossa relazione commerciale nel mondo: la cancellazione da parte di Biden dell’oleodotto Keystone Xl, lo stop alla pipeline Enbridge’s Line 5 da parte del Michigan (swing state decisivo per il presidente), i dazi sul legname e sui prodotti lattiericaseari canadesi. Anche con il Messico ci sono vari dossier spinosi, dalla riforma del mercato elettrico all’immigrazione, che resta uno dei punti politicamente più vulnerabili per il presidente americano: dal suo insediamento sono stati arrestati più di 1,3 milioni di immigrati alla frontiera sud, un livello senza precedenti da 20 anni, anche se il numero in ottobre è sceso per il terzo mese consecutivo. Biden spera che Lopez Obrador continui a rallentare i flussi ma molto potrebbe dipendere dall’esito del summit sugli altri dossier. Il conflitto tra la sua agenda e gli alleati lo costringe a scegliere, o a mediare, tra la cooperazione economica regionale e la sua promessa di privilegiare aziende e lavoratori americani. Una scelta da cui dipenderà anche il tentativo di reclutare i due vicini nella ‘coalizione’ anti Cina. “Neppure gli Usa possono affrontare Pechino da soli... ma la cooperazione dipende dai rapporti amichevoli tra Paesi”, ha ammonito Trudeau. Biden è avvisato.

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