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La Cina minaccia l’opposizione

HONG KONG/FORMALIZZATE LE DIMISSIONI DEI DEPUTATI. PROTESTE DALL’EUROPA E GLI USA



di Antonio Fatiguso

PECHINO. La Cina condanna le dimissioni di massa dei deputati pro-democrazia dal parlamentino di Hong Kong, definendole una “farsa” e una “sfida aperta” all’autorità di Pechino e della Basic Law, la costituzione dell’ex colonia britannica. All’indomani dell’Aventino annunciato dall’opposizione, la Cina ha rincarato i toni di fronte alle immagini dei 19 rappresentanti del Consiglio legislativo che, tenendosi per mano, hanno voluto esprimere la resistenza verso la nuova stretta sull’autonomia della città. In una nota, l’Ufficio per gli affari di Hong Kong e Macao, che fa capo al governo centrale, ha definito la mossa “un atteggiamento di ostinata resistenza. Se i deputati puntano a usare le dimissioni per un’opposizione radicale e sollecitare un’influenza esterna, hanno fatto male i loro conti”. Il clamore del gesto, in risposta ai quattro deputati del Civic Party espulsi mercoledì da Pechino perché “non patriottici”, ha fatto il giro del mondo causando un’ulteriore ondata di proteste. In una dichiarazione approvata all’unanimità dai 27 Paesi membri, l’Unione europea ha chiesto “l’immediato reintegro” dei parlamentari cacciati e “l’immediata revoca” delle decisioni restrittive della Cina e del governo di Hong Kong. L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell ha affermato che “questi ultimi passi costituiscono un altro duro colpo al pluralismo politico e alla libertà di opinione a Hong Kong”, minando “in modo ancora più significativo l’autonomia di Hong Kong in base al principio ‘un Paese, due sistemi’ e la protezione dei diritti e delle libertà fondamentali”. La Gran Bretagna ha convocato l’ambasciatore cinese a Londra, Liu Xiaoming, esprimendo “profonda preoccupazione”. “La Cina ha ancora una volta violato le promesse fatte alla gente di Hong Kong”, ha riferito in parlamento il vice ministro degli Esteri, Nigel Adams. “Le azioni macchiano la reputazione internazionale della Cina e minacciano lo sviluppo di lungo termine di Hong Kong. Staremo dalla parte della sua gente”, ha assicurato. Dagli Stati Uniti, il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Robert O’Brien, ha osservato che il Partito comunista cinese “ha violato in flagranza” i suoi impegni verso la città. “Un Paese, due sistemi è adesso una foglia di fico per coprire l’espansionismo dittatoriale del Pcc a Hong Kong”. Dal canto suo, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha rigettato le critiche obiettando che la questione dello status dei deputati dell’ex colonia “è puramente un fatto interno”. Gli altri Paesi “non hanno qualifiche per criti- care la Cina”. Intanto, i 15 deputati pan-democratici hanno formalizzato nel pomeriggio le dimissioni con il deposito delle relative lettere al segretariato della LegCo. L’efficacia, tuttavia, è immediata solo per Ted Hui (Partito Democratico), mentre lo sarà da domani per Claudia Mo (Council Front). Per gli altri, le dimissioni saranno operative dal primo dicembre al fine di completare le procedure amministrative, incluso il pagamento dei salari a tutti i collaboratori per il mese di novembre. La ‘rivolta’ ha strappato il plauso su Twitter di Joshua Wong, tra i volti più noti degli attivisti pro-democrazia: “Comportarsi come un vaso di fiori decorativo nelle istituzioni dà solo a Pechino il vantaggio di calmare lo scontento globale”. Il fronte pro-Pechino della LegCo, invece, ha suggerito alla governatrice Carrie Lam di agire anche contro i circa 400 consiglieri distrettuali pro-democrazia con un nuovo giro di vite. E il regolamento di conti non risparmierebbe neanche funzionari e dipendenti pubblici accusati di “scarso patriottismo”.

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