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La Colombia si infiamma

CORTEI E PROTESTE IN TUTTO IL PAESE. COPRIFUOCO A BOGOTÀ



di Maurizio Salvi

BUENOSAIRES.Anche la Colombia si infiamma. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza in tutto il Paese per rivendicare i diritti sociali sulla scia delle proteste che attraversano l’America latina, dal Venezuela all’Ecuador, dal Cile alla Bolivia. E a Bogotà è scattato il coprifuoco, scatenando le polemiche. Ma le proteste in realtà non hanno riguardato solo la capitale e si sono estese anche a Cali, Medellin, Bucaramanga e Barranquilla, dove la gente ha manifestato contro la politica del governo del presidente Ivan Duque su temi chiave come pensioni, occupazione e istruzione, e per condannare l’esasperante e poco conosciuta striscia di assassinii di leader sociali indigeni. Non senza incidenti. Nelle ultime 48 ore di mobilitazione, per lo più pacifiche, tre persone sono morte nel dipartimento della Valle del Cauca in seguito agli scontri con la polizia e almeno 200 sono rimaste ferite. Ad arroventare un clima già teso anche un attentato con cilindri esplosivi contro un commissariato di polizia di Santander de Quilichao, nel dipartimento del Cauca, che ha causato la morte di tre agenti ed il ferimento di altri sette. Le autorità locali hanno assicurato, comunque, che si è trattato di un episodio non collegato con le proteste sociali.

Gli analisti non hanno nascosto la sorpresa per la massiccia e spontanea partecipazione dei colombiani alla protesta. Una spinta dal basso tale che il governo ha stabilito una notte di coprifuoco a Bogotà, giustificata dall’esistenza di persistenti blocchi stradali ed episodi di

saccheggi. Decisione che non è piaciuta al sindaco uscente della capitale, Enrique Penalosa, che ha parlato di “un complotto” per creare artificiosamente un clima di insicurezza in città. Alla polizia, ha affermato, “sono giunte centinaia di telefonate riguardanti attacchi e saccheggi che si sono verificati inesistenti”. Comunque sullo stile dei colleghi di Ecuador e Cile, Lenin Moreno e Sebastian Pinera, che hanno affrontato simili crisi, anche il presidente colombiano Duque ha usato venerdì sera la tv per rivolgersi ai suoi connazionali. “Il mio governo - ha assicurato - crede nel dialogo sociale. Siamo un governo che ascolta. La comunità che si è manifestata in modo legittimo è la società che ci aiuta a costruire”. A questo fine il capo dello Stato ha proposto, “già a partire dalla prossima settimana”, l’apertura di una “conversazione nazionale” che permetta di rafforzare l’agenda esistente di politica sociale e che porti, nel breve e medio periodo, alla riduzione delle disuguaglianze sociali, a lottare contro la corruzione e a costruire “la pace nella legalità”. Fortemente militarizzata e al centro per mezzo secolo di un cruento conflitto civile, solo in parte risolto dagli accordi di pace del 2016 con le Farc, la Colombia vive ancora oggi in un visibile clima di emergenza. Questo fa sì che le forze di sicurezza colombiane si trovino, oggi come oggi, a dover contrastare continuamente l’azione incrociata di gruppi dissidenti delle Farc, guerriglieri dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), paramilitari di destra e di agguerite bande di narcotrafficanti

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