top of page

La finanza ha bisogno del verde

Bankitalia/Centrale la decarbonizzazione dell’economia. Consob: poche risorse



di Tommaso Tetro

ROMA. Non soltanto “centrale” ma necessaria. La finanza verde prende la forma di una piattaforma di lancio per lo sviluppo sostenibile, la decarbonizzazione dell’economia e la transizione ecologica. Con un elemento da tener presente: la volatilità dei prezzi legati ai passi in avanti che si compiono nella lotta ai cambiamenti climatici. Un aspetto che può avere un determinato peso specifico sui mercati; anche se non ci sono dubbi sugli effetti benefici di questi investimenti negli anni a venire. Il nucleo del ragionamento - così come viene spiegato dal quaderno ad hoc messo a punto dalla Consob per raccontare l’evoluzione della finanza a supporto dello sviluppo sostenibile - si aggancia alla velocità del quadro normativo e tecnologico della transizione. E ne emerge per esempio che ad oggi servirebbero investimenti per 180 miliardi di euro in più all’anno di fondi Europei per raggiungere la neutralità climatica. Un ruolo, quello della finanza ‘verde’, che - secondo la Consob - potrà esser svolto con la creazione di “un quadro normativo adeguato”, in particolare per quanto riguarda “l’ecosistema dell’informazione” dal momento che negli ultimi anni è “aumentata la considerazione dei fattori Esg” - cioè environmental, social, governance - da parte di società, investitori istituzionali, intermediari finanziari e dell’informazione. Per la Consob le dinamiche in atto sono però ancora “non sufficienti a liberare le risorse necessarie a sostenere la transizione ecologica nelle proporzioni e nell’orizzonte temporale concordati”. Ci sono “molti ostacoli che le forze di mercato non sono in grado di superare autonomamente”. In particolare, “bassa standardizzazione dell’informazione sulla sostenibilità prodotta dalle imprese, e bassa conoscenza degli investimenti sostenibili da parte degli investitori retail” (tanto che dai rapporti 2019 e 2020 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane si evince che “più della metà non li conosce, mentre nei restanti casi solo il 5% si ritiene bene informato”). Molte le sfide sul cammino della finanza sostenibile per le Authority di vigilanza, come per esempio il “rischio di green e social washing”, le ripercussioni sulla stabilità finanziaria derivanti dall’esposizione ai fattori Esg, il pericolo di “disallineamenti delle valutazioni di mercato e di brusche correzioni associate all’accelerazione della transizione ecologica”, oltre “all’innovazione finanziaria”. Per superare queste difficoltà sarebbe utile “promuovere la tecnologia” per “innalzare qualità e comparabilità delle informazioni (il regolamento sulla tassonomia è un “primo passo significativo”), riduzione dei costi di accesso al mercato dei capitali per gli investitori e le imprese orientate alla sostenibilità, e efficienza dei processi di vigilanza”. Ecco perché, negli investimenti che di fatto puntano a combattere i cambiamenti climatici e a instaurare misure di decarbonizzazione, possono emergere dei rischi legati alla transizione, senza dimenticare la variabile portata dalla rapidità del quadro normativo entro cui ci si muove nel breve termine; ma è certo che quel tipo di investimenti abbattono i pericoli ‘fisici’ nel lungo termine. La traduzione: “In assenza di misure a tutela dell’ambiente, gli operatori di mercato dovrebbero fronteggiare costi legati ai cambiamenti climatici sempre più incisivi”; al contrario, interventi per “limitare le emissioni inquinanti possono comportare un aumento dei tassi di insolvenza delle imprese attive nei settori carbon-intensive”. In ogni caso - fa presente la Consob - questi rischi dovrebbero essere valutati assieme ai vantaggi della transizione, tipo la crescita e la resilienza economica di settori, attività e interi Paesi; cosa che l’Ocse certifica con una stima chiara di un au- mento del 5% del Pil globale soltanto se fossero attuati gli impegni dell’accordo di Parigi.

Comentarios


bottom of page