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La politica Fed inquieta i mercati

Inusuale azione anti-inflazione: rialzo dei tassi e riduzione del bilancio



di Serena Di Ronza

NEW YORK. La Fed coglie di sorpresa le borse. L’ipotesi di un aumento dei tassi di interesse “prima e più velocemente” delle attese per arginare la corsa dell’inflazione agita i mercati finanziari, innescando un’ondata di vendite dall’Asia all’Europa con gli investitori costretti a ricalibrare le loro scommesse in un contesto di crescita economica sostenuta e rialzi del costo del denaro. Le piazze asiatiche chiudono in profondo rosso, con Tokyo che cede il 2,88% e Seul l’1,13%. Contengono le perdite le borse cinesi, con Shenzhen e Shanghai che arretrano dello 0,10% e dello 0,25%. Archivia la seduta con il segno meno l’Europa: Parigi perde l’1,72%, Francoforte l’1,35% mentre Milano è maglia nera con un calo dell’1,80%. Wall Street apre in rosso ma recupera nel corso della seduta che, comunque, si mantiene volatile con i tecnologici che cercano il rimbalzo dopo due giornate di passione. Oltre a cercare di digerire la Fed, gli investitori sono cauti in attesa dei dati sul mercato del lavoro americano che arriveranno venerdì. Gli analisti prevedono la creazione in dicembre di 433.000 nuovi posti di lavoro e un tasso di disoccupazione in calo al 4,1%. Gli indicatori economici pubblicati nei primi giorni del 2022 sembrano indicare una tenuta dall’economia americana di fronte alla variante Omicron, anche se le richieste di sussidi alla disoccupazione sono aumentate più delle attese e l’indice Ism servizi è in calo. A preoccupare gli osservatori non comunque è lo stato della ripresa economica: anche se l’outlook resta incerto, come ammesso dalla Fed, il vero timore è l’inflazione. I prezzi infatti continuano a galoppare e non solo negli Stati Uniti. In Germania l’inflazione a dicembre è salita al 5,3% e il 2021 si è chiuso con un +3,1%, l’aumento maggiore dal 1993. In Europa i prezzi alla produzione hanno sperimentato in novembre un balzo dell’1,8% nell’area euro dopo il 5,4% di ottobre. Una corsa al rialzo che rischia di mettere le banche centrali con le spalle al muro. A una più cauta Bce si affianca una Fed falco che apre alla possibilità dell’avvio di un ciclo di rialzi del tassi da marzo. I verbali dell’ultima riunione del 14 e 15 dicembre, quando Omicron non aveva ancora travolto gli Stati Uniti, mostrano una banca centrale pronta ad agire aggressivamente contro un’inflazione che non molla la presa. “L’outlook per l’economia, il mercato del lavoro e l’inflazione potrebbe giustificare un aumento dei tassi prima e più velocemente di quanto anticipato”, è scritto nei verbali della Fed nei quali si precisa come secondo alcuni membri “potrebbe essere appropriato ridurre il bilancio poco dopo l’inizio del rialzo dei tassi di interesse”. Ed è proprio la riduzione del bilancio a stretto giro che agita gli osservatori. “C’è preoccupazione perché non si è mai visto la Fed alzare i tassi e ridurre il suo bilancio allo stesso tempo. Nell’ultimo ciclo c’è stata una distanza di due anni fra questi due eventi”, affermano alcuni analisti. Secondo alcuni membri della Fed, la banca centrale dovrebbe mostrarsi risoluta nel combattere le “elevate pressioni inflazionistiche”, proseguono ancora le minute nelle quali si anticipa un “calo significativo” dei prezzi nel 2022 con il diminuire delle tensione sulle catane di approvvigionamento. Nonostante questo “quasi tutti i componenti hanno rivisto al rialzo le stime dell’inflazione per quest’anno e molti anche per il 2023", proseguono i verbali. Jerome Powell avrà l’occasione la prossima settimana di chiarire la posizione della banca centrale e soprattutto la tempistica delle prossime mosse. Il presidente della Fed sarà in Congresso l’11 gennaio per l’audizione sulla sua conferma al secondo mandato alla guida della banca centrale. Il 13 gennaio sarà invece la volta della governatrice della Fed Lael Brainard, nominata da Joe Biden vicepresidente della banca centrale.

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