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La Scozia contro Johnson

BREXIT/BORIS “RIDISEGNA” IL REGNO, E SFIDA NICOLA STURGEON SULLA SECESSIONE



LONDRA. Boris Johnson tratteggia i confini del suo Regno guardando all'orizzonte "del futuro, non d'un solo anno": attraverso la Brexit e oltre, fra promesse di politiche eco- nomiche più espansive, di ricette anti-austerity e di risorse record alla sanità pubblica (Nhs) ispirate a un conservatorismo sociale compassionevole che diventa radicale sull'addio all'Ue, sull'immigrazione e sulla sicurezza. Ma sono confini all'interno dei quali la Scozia, o almeno il partito degli indipendentisti, l'Snp, giura di non voler più stare. L'occasione per mettere le carte in tavola si presenta al suono del gong della ripresa dei lavori parlamentari a Londra, una settimana dopo le elezioni che hanno segnato il trionfo Tory a livello nazionale e quello dell'Snp oltre il Vallo di Adriano. L'appuntamento è il Queen's Speech, la lettura da parte della regina a Westminster dei titoli del programma di legislatura del governo. Un evento depurato dallo sfarzo cerimoniale (niente carrozza, niente orpelli e niente corona in testa per Sua Maestà, in sobrio abito verde acqua con al fianco l'erede al trono Carlo), dati i tempi stretti imposti dal primo ministro al restart post-voto. E a cui la first minister di Edimburgo, Nicola Sturgeon, leader suprema dell'Snp, replica inscenando una sorta di contro-Queen's Speech nel suo Parlamento di Holyrood per rilanciare la sfida di sempre: l'istanza d'un referendum bis sulla secessione. Una richiesta formalizzata poi in una lettera al "caro Boris" in cui Sturgeon mette nero su bianco la richiesta di trasferire a lei il potere di convocare un nuovo voto popolare sul distacco da Londra dopo quello perso nel 2014. La mossa ha per ora un sapore da atto dimostrativo, tanto più che la battaglia, al netto della polemica, resta al momento ben dentro il quadro costituzionale britannico, senza il richiamo a gesti unilaterali alla catalana. I toni tuttavia sono accesi. L'Snp invoca "il diritto democratico" a tornare sulla questione, perché la nazione del nord ha votato in maggioranza contro BoJo, come in maggioranza aveva votato controcorrente sulla Brexit nella partita referendaria del 2016, argomenta Ian Blackford, capogruppo alla Camera dei Comuni britannica dei 47 deputati secessionisti eletti la settimana nei 59 collegi sovrastati dalla croce di Sant'Andrea: inneggiando a "una Scozia indipendente dentro l'Ue". L'alternativa, rincara Sturgeon, sarebbe quella di "farci imporre qualcosa che non vogliamo". Johnson in ogni modo non si scompone e torna a rispondere picche: forte della maggioranza assoluta blindata che ormai si è assicurato nel Parlamento centrale. Il referendum del 2014, taglia corto il primo ministro, era stato riconosciuto come "un evento singolo in una generazione anche da Nicola Sturgeon, credo". E intanto l'impegno a preservare l'unità del Regno Unito viene inserita nel medesi- mo Queen's Speech, con l'apertura al massimo a concessioni ulteriori sulla devolu- tion (rivolte alla Scozia, come all'Irlanda del Nord o al Galles). Il tutto sullo sfondo di un programma complessivo articolato in una trentina di progetti di leggi che il leader dimissionario laburista Jeremy Corbyn liquida come "parole vuote" e il premier esalta invece con l'inizio di una nuova era destinato a "ripagare la fiducia" degli elettori. Il primo, annunciatissimo, sarà sottoposto a Westminster fin da domani, per avviare prima della pausa di Natale l'iter di ratifica della legge sulla sulla Brexit, il Withdrawal Bill. Un percorso ridisegnato a tamburo battente, con la formalizzazione del divorzio da Bruxelles ormai scontata per il 31 gennaio e un taglio netto finale (anche dalla giurisprudenza europea sui diritti umani) da regolare già entro fine 2020 - col divieto di proroga del periodo di transizio- ne da fissare per legge - nella cornice di un un futuro "accordo di libero scambio". Quanto al resto, confermata l'intenzione di varare un Immigration Bill che dal 2021 metterà fine alla libertà di movimento dei cittadini Ue in favore di un sistema di filtro "a punti" degli ingressi, sul modello australiano, la priorità delle priorità diventa il rilancio del sistema sanitario. Con la promessa di 50.000 infermiere in più, 40 ospedali nuovi (o rinnovati) in 10 anni e un aumento di stanziamenti pari a 33,9 miliardi di sterline annui, sebbene a partire dal 2023/ 24: garantito anche questo da un legge ad hoc, il Fund Bill, come se l'esecutivo non si fidasse del tutto di se stesso.

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