La talpa non sarà interrogata
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
IMPEACHMENT/SCHIFF: PROVE SUFFICIENTI. SCONTRO CON I REPUBBLICANI SUI TESTI

WASHINGTON. La talpa che ha dato avvio all’indagine di impeachment non sarà chiamata a testimoniare - come chiedevano invece i repubblicani e lo stesso Donald Trump - per motivi di sicurezza e perché ormai sono stati già acquisiti sufficienti elementi probatori. Lo ha fatto sapere il presidente della commissione Intelligence della Camera Adam Schiff , infiammando la nuova fase dell’indagine, che da mercoledì entra nel vivo con le prime deposizioni pubbliche. Testimonianze che trasformeranno in uno show televisivo uno scontro politico-istituzionale da cui dipendono il futuro della presidenza Trump e l’esito delle prossime elezioni per la Casa Bianca. “L’indagine di impeachment ha raccolto un crescente numero di prove - dalle testimonianze ai documenti, comprese le parole stesse del presidente nella sua telefonata del 25 luglio - che non solo confermano ma superano le iniziali informazioni della denuncia della talpa. La sua testimonianza quindi è superflua e non necessaria”, è stata la risposta di Schiff, secondo cui inoltre “alla luce delle minacce del presidente, la sua apparizione di fronte a noi metterebbe la sua sicurezza personale a grave rischio”. Si tratta dell’agente della Cia, ora tutelato come ‘whistleblower’, che per primo ha denunciato la telefonata del 25 luglio scorso con cui il tycoon chiese al presidente ucraino Volodymyr Zelensky il “favore” di indagare il suo rivale politico nella corsa alla Casa Bianca Joe Biden e il figlio Hunter, dopo aver bloccato gli aiuti militari a Kiev. I repubblicani si stanno preparando alla battaglia delle deposizioni pubbliche con due linee di difesa: una è quella di cercare ‘fall guy’, ossia capri espiatori su cui scaricare eventuali responsabilità; l’altra è quella di presentare una lista testi che sembra funzionale più a sostenere le teorie cospirative di destra - comprese le interferenze ucraine nelle elezioni Usa del 2016 - che a far luce sull’interazione di Trump con Kiev. Una lista che in caso di bocciatura, come probabile, consentirà di invocare la violazione dei diritti della difesa, contestando nuovamente la legittimità dell’inchiesta. Tra i testimoni ci sono, oltre alla talpa, il figlio di Biden e il suo ex socio Devon Archer, che sedevano nel board della società energetica ucraina Burisma quando l’allora vicepresidente controllava la politica Usa verso Kiev. Trump intanto deve guardarsi le spalle anche dall’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che secondo il suo avvocato è a conoscenza di “molti incontri e conversazioni importanti” finora inediti e che attende la decisione di un giudice per sapere se deve testimoniare alla Camera o rispettare il diktat del presidente di non cooperare con un’indagine “illegittima”. Una decisione cui vuole affidarsi anche il capo ad interim dello staff della Casa Bianca Mick Mulvaney, un fedelis- simo caduto in disgrazia agli occhi del presidente dopo aver ammesso in una conferenza stampa che la mossa di congelare gli aiuti militari a Kiev era legata alla richiesta dell’apertura di indagini sui Biden. Nonostante la sua ritrattazione, per i dem si tratta di una confessione.
Dal canto suo, nel sul libro “With All Due Respect”, l’ex ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley ha accusato l’ex segretario di stato Rex Tillerson e l’ex capo dello staff della Casa Bianca John Kelly di aver cercato di reclutarla per aggirare Donald Trump e di aver ignorato il presidente per “salvare il paese”. “Kelly e Tillerson mi confidarono che quando resistevano al presidente non stavano disobbedendo ma stavano tentando di salvare il Paese”, scrive la Haley, secondo una anticipazione del Washington Post. “Erano le loro decisioni, non quelle del presidente, che erano nel miglior interesse dell’America- dicevano. Il presidente non sapeva cosa stava facendo” a loro avviso, prosegue l’ex ambasciatrice, che a Trump riserva solo qualche critica di striscio.
















Commenti