Lavoro da casa: la metà vuole l’uffici
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
INAPP/Dati divisi: il rischio è l’isolamento, il vantaggio la flessibilità

ROMA. Quasi un terzo degli occupati italiani lavora da remoto e il 60,8% di questi lo fa per almeno tre giorni a settimana. Secondo lo studio “Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori” appena pubblicato dall’Inapp e riferito al periodo tra marzo e luglio del 2021 sono 7,2 milioni i lavoratori impegnati a distanza almeno un giorno a settimana con la maggioranza (il 54,7%) che giudica positivamente questa nuova modalità di lavoro. Inoltre quasi il 46% dei lavoratori vorrebbe continuare a svolgere la propria attività in modo agile almeno un giorno e il 24% tre o più giorni a settimana. Il 54,2% non vorrebbe invece mai lavorare da remoto. Ma il gradimento dei lavoratori per l’impiego a distanza è testimoniato anche dal fatto che pur di lavorare da remoto un lavoratore su cinque accetterebbe una eventuale penalizzazione nella retribuzione, “segno che un ipotetico miglioramento nella qualità della vita presenta un valore economico immediatamente scontabile”. Il dato dei lavoratori in smart è triplicato rispetto a prima della pandemia quando lavoravano a distanza anche occasionalmente 2,4 milioni di lavoratori e diminuito rispetto ai primi mesi della pandemia quando erano 9 milioni gli occupati impegnati fuori dalle abituali sedi di lavoro. La pandemia da Covid ha avuto però anche un altro impatto significativo sul mondo del lavoro con 191.046 denunce di contagio sul lavoro fino a dicembre 2021 e 811 morti a causa dell’infezione presa lavorando. L’assenza del lavoratore contagiato è in media di un mese. L’Inail ha segnalato che per le denunce di contagio sul lavoro si tratta di un sesto delle denunce di infortunio e che quelle di contagio sul lavoro con esito mortale sono un quarto delle denunce di infortunio mortale complessive. I morti per Covid sul lavoro sono lo 0,6% dei morti complessivi per l’infezione mentre i contagi sul lavoro sono il 3,1% dei contagi nazionali. Il 99% degli indennizzi Inail sono inabilità temporanee, con le menomazioni permanenti pari allo 0,7% e le rendite a superstiti per casi mortali allo 0,3%. L’inabilità temporanea riconosciuta per ogni tipo di indennizzo ha raggiunto complessivamente quasi quattro milioni di giornate, con un numero medio di giorni di assenza dal lavoro, compresi i tre di franchigia, pari a 30. Lo studio, basato su un campione di oltre 45mila interviste, mette in evidenza come guardando alla distribuzione dei giorni lavorati a distanza nel 2021, si osservi ad esempio che il 49,7% era impegnato in modalità agile da 3 a 5 giorni. l’11,1% per più di 5 giorni a settimana e solo l’11,6% per un solo giorno. Il giudizio sul lavoro da remoto, secondo la ricerca, è complessivamente positivo per la maggioranza degli intervistati (il 54,7%) ma il 63,9% ritiene che generi isolamento e circa il 60% che non aiuti nei rapporti con i colleghi. Il 60% del campione intervistato ha sottolineato come problema l’aumento dei costi delle utenze domestiche. Tra gli aspetti positivi citati c’è invece la libertà di organizzare il lavoro (66,5%) e la possibilità di gestire gli impegni familiari (68,9%). Sul cambiamento di vita desiderato messo in correlazione con la possibilità che possa prendere piede una organizzazione del lavoro agile anche in prospettiva, ovvero una volta usciti dall’emergenza sanitaria in atto gli intervistati affermano per oltre un terzo la volontà di spostarsi in un piccolo centro mentre quattro persone su dieci affermano che si trasferirebbero in un luogo isolato, nella maggior parte dei casi in ambienti di vita e di lavoro più a contatto con la natura (41,5%).
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