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Mafia, 38 arresti a Foggia

ANCHE UN DIPENDENTE DEL COMUNE. INDICAVA DECESSI A CLAN CHE CHIEDEVANO PIZZO AD AGENZIE FUNEBRI



di Tatiana Bellizzi

FOGGIA. Estorcevano denaro a grandi imprenditori ma anche ai piccoli commercianti ambulanti imponendo quella che gli inquirenti hanno definito una “tassa di sovranità”. Utilizzavano metodi “brutali per regolare gli assetti interni”. E avevano sviluppato “una significativa vocazione imprenditoriale” con “una parallela opera di infiltrazione nel settore amministrativo”. Si muoveva così una parte della ‘Società foggiana’, ovvero l’organizzazione mafiosa attiva a Foggia, alla quale polizia e carabinieri, coordinati dalla Dda di Bari, hanno inferto un altro colpo con gli arresti di 22 persone e la notifica di una nuova misura cautelare in carcere a 16 persone già detenute. Altri due, invece, sono ricercati. L’operazione, denominata ‘Decima bis’, è una costola dell’operazione ‘Decima azione’ che a novembre del 2018 portò all’arresto di 30 persone tra affiliati e vertici del clan foggiani, e una risposta ai violenti attentati ai danni di commercianti e imprenditori all’inizio dell’anno. Tra gli arrestati di ieri c’era anche Giuseppe De Stefano, un dipendente comunale dell’ufficio ‘Dichiarazioni Morte- Stato Civile’, che forniva indicazioni ai clan sui decessi in modo tale che questi ultimi potessero imporre il pizzo alle imprese di onoranze funebri, con tangenti che variavano dai 500 euro al mese ai 50 funerale. “La mafia foggiana è divenuta il primo nemico dello Stato”, ha detto il procuratore Nazionale antimafia, Cafiero De Raho. E ora, “per dissipare qualsiasi ombra sul Comune di Foggia”, il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, e i parlamentari del M5S chiedono “che vi sia una commissione d’accesso” all’Ente. Tra i destinatari delle misure cautelari ci sono anche i boss ritenuti al vertice delle batterie criminali cittadine: Federico Trisciuoglio (che era ai domiciliari), Pasquale Moretti (in libertà da qualche mese) e Antonio Pellegrino (già detenuto in carcere). La ‘Società foggiana’ pilotava le corse dei cavalli chiedendo il pizzo anche ai fantini, estorceva denaro a imprenditori attivi in diversi settori, dagli scavi alla ristorazione. A due noti imprenditori operanti nel settore alimentare avevano imposto il versamento di tremila euro mensili. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, usura, turbativa d’asta, tutti aggravati dal metodo mafioso. Le accuse poggiano sulle intercettazioni e anche sulle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia: Alfonso Capotosto, Carlo Verderosa e Giuseppe Folliero. Quest’ultimo collabora da due anni ma il suo nome era stato tenuto segreto fino a ieri. Dal 2017, quando a San Marco in Lamis (Foggia) furono uccisi i fratelli Aurelio e Luigi Luciani perché assistettero per caso all’omicidio del boss Mario Luciano Romito e del cognato Matteo de Palma, sono state effettuate sul territorio 60 operazioni antimafia, 400 persone sono state arrestate e decine di tonnellate di droga sono state sequestrate. “A Foggia - assicura il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese - la magistratura e le forze di polizia stanno operando con grande impegno e dedizione”. Per il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, l’operazione antmafia “è un forte segno di speranza. Non solo per l’ esito, ma per il metodo: la collaborazione di un “pool” composto da Polizia, Carabinieri, Direzione Nazionale Antimafia, Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e Procura di Foggia. Esempio inedito di quel concorso di forze e competenze a cui Libera da sempre richiama e si richiama, nel segno della condivisione e della corresponsabilità”.

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