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“Make Hong Kong great again”

CINA-USA/SI TORNA IN PIAZZA PER CHIEDERE AIUTO AL PRESIDENTE TRUMP


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PECHINO. Hong Kong è tornata a manifestare e a chiedere aiuto al presidente Donald Trump perché l’ex colonia torni ancora un volta grande. In migliaia, dopo la firma della scorsa settimana del tycoon all’Hong Kong Human Rights and Democracy Act, le misure a sostegno delle proteste in corso da quasi sei mesi, hanno marciato da Chater Garden al vicino consolato generale Usa tra bandiere a stelle e strisce e slogan come “Trump per favore libera Hong Kong” e “Make Hong Kong Great Again”, parafrasando appunto il “Make America Great Again”, slogan del presidente americano. La tregua tra polizia e manifestanti è saltata per il secondo giorno di fila dopo due settimane di calma per consentire le operazioni delle elezioni locali distrettuali del 24 novembre che hanno visto il fronte pan-democratico aggiudicarsi 388 seggi su 452 in palio e 17 consigli su 18. Le forze dell’ordine hanno usato le maniere forti, alimentando i timori di una nuova ondata anti-governativa. Quanto a sabato, gli scontri sono capitati a Mong Kok sul lato di Kowloon di Victoria Harbour, mentre ieri a Tsim Sha Tsui oltre ai lacrimogeni sono ricomparsi gli spray al peperoncino. Sull’isola di Hong Kong, invece, c’è stata quella di ringraziamento al sostegno Usa, in aggiunta ai mobilitazione di giovedì, a stretto giro dalla firma di Trump e della festività americana del Thanksging. Le marce pro-democrazia a Hong Kong sono state tre, tutte autorizzate dalla polizia. Una, composta di manifestanti mascherati e vestiti di nero, si è diretta verso il consolato americano per esprimere “gratitudine” e chiedere ulteriore aiuto. Un secondo corteo, partito da Edinburgh Square con in mano palloncini gialli, si è diretto verso la sede del governo locale per protestare contro l’uso dei lacrimogeni da parte della polizia. Un terzo ramo della protesta si è invece diretto verso il distretto di Tsim Sha Tsui, dove sorge il Politecnico, sede dei recenti aspri scontri con la polizia. Da Pechino, intanto, il governo cinese ha accusato l’Alto commissario Onu per i Diritti dell’Uomo, Michelle Bachelet, di “fomentare la violenza radicale” a Hong Kong. L’ex presidente del Cile, in un editoriale apparso sul South China Morning Post, aveva raccomandato alla governatrice Carrie Lam di disporre una indagine im- parziale sulla polizia per “uso eccessivo della forza” contro i manifestanti e l’apertura di una linea di dialogo con il movimento di protesta per risolvere la crisi. Immediata la risposta di Pechino: l’ambasciata cinese a Ginevra, sede dell’agenzia Onu, ha scritto che l’articolo di Bachelet “esercita pressione sul governo (autonomo) e avrà il risultato di fomentare i facinorosi a condurre azioni di violenza ancora più radicale”.

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