Montella troppo sicuro di sé
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
TRACOTANTE SOLO QUANDO SCOPRE CHE ERA CONTROLLATO. “COSA C’ENTRO IO?”

di Alessandro Cori
BOLOGNA. L’inizio della fine per Giuseppe Montella e i carabinieri suoi sodali comincia lo scorso 16 aprile, quando l’appuntato napoletano che pensava di vivere come in Gomorra scopre la cimice piazzata dalla Guardia di Finanza nella sua Audi A4. Poi, dopo l’apparecchio sulla sua vettura, gli indagati ne scoprono altri tre nel giro di 24 ore. “Ovviamente lo stato d’animo prevalente è il terrore di essere stati individuati - scrive il Gip - come responsabili di reati gravi e di poter essere oggetto di provvedimenti limitativi della libertà personale. Una condizione che accomuna tutti gli indagati coinvolti nel rinvenimento delle microspie, tranne Montella, il quale, con la solita tracotanza, si dichiara convinto di non aver fatto nulla di male”. A ritrovare la microspia sull’auto di Montella è Simone Giardino, uno dei fratelli coinvolti nello spaccio, dopo che il carabiniere gliela porta in officina per controllare “un rumore che non aveva mai sentito”. “Vedi che non è impolverato, sembra messo su adesso, è fresco” ragiona Simone Giardino, che come prima cosa fa una foto della cimice e la manda a Montella. Secondo lui questa spiacevole situazione era colpa del fratello Daniele, che ha precedenti, senza dimenticare che il 19 marzo il padre dei Giardino, Matteo, era stato arrestato in flagranza di reato per detenzione di 3,2 chili di marijuana. “Io lo amazzo - dice Montella -. Mo’ è un casino”. Anche se il legame con Daniele Giardino non lo preoccupa più di tanto, perché pensa di poterlo “far apparire come un suo informatore”, sottolinea il Gip. Simone Giardino, però, è molto preoccupato e ne parla con la moglie: “Non posso chiamarti con il telefono normale, è successo un casino. Non è intorno a me, lo sai benissimo di chi è la colpa”. “Ho già capito”, replica la compagna. “Ecco, capisci quanto è grave - spiega Giardino -. Io adesso gli ho portato la macchina (a Montella ndr), lui era bianco, pallido, non respirava più”. Il 17 aprile anche Simone Giardino scopre la cimice sulla sua auto: “Mi tremano le gambe, guarda!”, dice alla compagna. Un’ora dopo tocca ad Alex Giardino. “Sai già come comportarti” gli dice Simone al telefono. “Sono qua dentro, ma il filo viene dal tetto, vabbè”, risponde Alex. Sono tutti nervosi, diventano diffidenti, e Montella fa controllare anche l’auto della compagna, ma non trova la microspia istallata sulla vettura. Lei, però, è turbata e ipotizza che l’indagine possa essere partita dallo stupefacente di cui Giuseppe si era impossessato dopo l’arresto di un pusher. “Ma va amore, ma che cosa c’entro io? Io non faccio un cazzo, non ho mai fatto un cazzo”, replica lui. Non convinta, la donna dice al compagno carabiniere di limitare i suoi rapporti con gli ‘spacciatori-amici’. I due continuano a conversare e Montella crede di trovarsi in una posizione di vantaggio: “Non lo immaginerebbero mai che gliene abbiamo sgamati tre su tre”. Subito dopo spunta fuori un’altra microspia, scoperta nell’auto della compagna di Daniele Giardino. Dubbi e timori sono solo all’inizio.
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