Ok alla riforma Cartabia
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
LA COMMISSIONE GIUSTIZIA DELLA CAMERA HA VOTATO A FAVORE. DOMENICA IN AULA

di Giovanni Innamorati
ROMA. Dopo l’accordo politico in Consiglio dei ministri giovedì, la riforma del processo penale compie il primo passo parlamentare verso la sua approvazione. La Commisisone Giustizia della Camera ha votato e approvato gli emendamenti che recepivano le intese tra i partiti di maggioranza, con la prospettiva di riuscire a giungere al sì della Camera già martedì prossimo, visto che il testo domani sarà in Aula. Il giorno dopo l’accordo, tutti i partiti di maggioranza rivendicano il successo mentre, per le opposizioni, Fdi critica la riforma come una “mediazione al ribasso che non risolve i problemi”. E gli ex M5s attaccano il Movimento. La riforma Cartabia consiste in una serie di emendamenti, 26 in tutto, al ddl Bonafede, ma tra essi l’attenzione è caduta solo su quello sulla prescrizione. In realtà l’architettura complessiva mira a “sdrammatizzare” questo tema: le norme prevedono una serie di misure deflattive dei processi, ad esempio con l’incentivzione dei riti alternativi, la messa alla prova, la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure, così da favorire la celere celebrazione. Dopo la sentenza di primo grado viene mantenuto il principio del ddl Bonafede e cioè che la prescrizione si blocca, ma con l’obbligo di chiudere i processi in due anni in Appello e in un anno in Cassazione, pena l’improcedibilità (la cosiddetta prescrizione del processo e non del reato). Nell’accordo, approvato in Commissione, i processi più complessi possono durare in Appello tre anni e 18 mesi in Cassazione e per i reati più gravi (mafia, terrorismo, spaccio, stupro), il giudice potrà chiedere di prolungarli per complessivi altri tre anni in Appello e altri 18 mesi in Cassazione. In più il nuovo processo entrerà a regime nel 2025, e nel frattempo sono previste assunzioni e digitalizzazione dei Tribunali. In commissione Giustizia la maggioranza ha votato compattamente, senza sbavature, mentre le opposizioni con Fdi e gli ex M5s di L’Alternativa c’è hanno fatto ostruzionismo per impedire l’approvazione, che comunque è avvenuta nel tardo pomeriggio. Sono stati approvati anche una decina di emendamenti dei gruppi, tra cui uno di Lucia Annibali (Iv) che prevede l’arresto in flagranza per il marito o ex marito violento che viola i provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”. M5s, a partire dall’ex ministro Alfonso Bonafede e da Stefano Patuanelli, hanno rivendicato il risultato ottenuto: “soli contro tutti, abbiamo blindato i processi di mafia” ha detto l’ex Guardasigilli. M5s, ha detto Giuseppe Brescia, è stato la “sentinella” dei propri valori. Quanti invece nel corso degli anni hanno lasciato il Movimento hanno attaccato gridando al “tradimento”: non a caso in Commisisone l’ostruzionismo più puntuto è stato svolto dagli ex M5s di L’Alternativa c’è, con Francesco Forciniti e Andrea Colletti che ha parlato di “requiem” per M5s. Sicuramente nel Movimento qualcuno non ha digerito l’accordo; Giulia Sarti, relatrice al provvedimento insieme a Franco Vazio del Pd, non si è vista in Commissione nel giorno decisivo. Contro M5s anche Italia Viva che con Davide Faraone e Marco Di Maio, e i socialisti con Enzo Maraio hanno esultato per “l’archiviazione dell’era Bonafede”. In Fi c’è chi, come Maurizio Gasparri, attacca M5s, e chi come il sottosegretario alla giustizia, Francesco Paolo Sisto, usa toni più concilianti: “questa è una riforma di tutti”. Il ministro Giancarlo Giorgetti parla di “pareggio” e sopratutto evidenzia il ruolo decisivo per chiudere l’accordo del premier Draghi: “penso che di fondamentale ci sia solo Mario Draghi. Alla fine la chiude sempre lui. E per fortuna che è così”. Una considerazione che varrà anche sui prossimi dossier scottanti, come quello sulla concorrenza, dove c’è il nodo dei servizi pubblici locali.
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