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Primarie dem nell’incertezza

CASA BIANCA 2020/IL 3 FEBBRAIO IL VOTO IN IOWA, CASTRO SI È RITIRATO


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di Ugo Caltagirone

WASHINGTON. L’ora della verità per i candidati democratici alla Casa Bianca si avvicina. Ma a un mese esatto dal calcio di inizio della stagione delle primarie l’incertezza regna sovrana. Da un lato la mancanza di un chiaro leader nella numerosa pattuglia dem che comincia a preoccupare non poco i vertici del partito. Dall’altro gli imprevedibili sviluppi del processo a Donald Trump che a giorni partirà in Senato: un impeachment che in caso di vittoria del presidente potrebbe trasformarsi in un boomerang fatale per i democratici. Intanto la messa in stato di accusa non sembra aver demoralizzato più di tanto la base elettorale del presidente che negli ultimi tre mesi del 2019 ha raccolto tramite la sua campagna la cifra record di 46 milioni di dollari. Un segnale di forza che getta ancora più ansie nelle frastagliata compagine democratica. Che comunque comincia a sfaldarsi, con l’unico candidato di origini ispaniche, Julian Castro, ex ministro di Barack Obama, che ha gettato la spugna nelle ultime ore: “Semplicemente non è ancora arrivato il nostro momento, ha detto dopo i deludenti dati della raccolta fondi e dei sondaggi. E’ l’ultima importante defezione dopo quelle di Kamala Harris e Beto O’Rourke. Nonostante ciò l’esercito dei candidati dem conta ancora oltre dieci i candidati in gara. Stando ai sondaggi di fine anno Joe Biden resta il principale candidato alla nomination democratica, e l’unico che nelle elezioni presidenziali del 3 novembre 2020 potrebbe battere con un discreto margine di sicurezza il tycoon. Ma il 3 febbraio in Iowa e l’11 febbraio in New Hampshire, le prime due tappe delle primarie, l’ex vicepresidente rischia una doppia clamorosa falsa partenza che potrebbe compromettere il suo cammino. Secondo la media dei principali sondaggi elaborata dal sito specializzato RealClearPolitics, in Iowa è prevista la vittoria di Pete Buttigieg, il sindaco prodigio di South Bend, Indiana, che da outsider è diventato la vera e propria mina vagante di questa stagione delle primarie. Trentacinquenne, colto, apertamente gay, è l’indi- scusso nuovo astro nascente del partito democratico con cui chiunque, oramai, dovrà fare i conti. Sono 24,7 i milioni di dollari raccolti dalla sua campagna negli ultimi tre mesi del 2019. Meglio - stando ai dati finora a disposizione - ha fatto solo Bernie Sanders con 34,5 milioni di dollari, dall’alto però del suo status di senatore e di veterano delle campagne presidenziali. Sanders per i sondaggi è in testa nelle primarie del New Hampshire, e a livello nazionale sembra aver ormai scavalcato la senatrice Elizabeth Warren alle spalle di Biden, nonostante i suoi recenti problemi di salute. La sfida per lui è ripetere l’enorme successo del 2016 quando solo di un soffio fu costretto ad arrendersi a Hillary Clinton. Ma sulle fortune di Joe Biden aleggia un altro spettro: la discesa in campo di Michael Bloomberg fissata per il Super Tuesday del 3 marzo, in cui si voterà in ben sette stati tra cui Texas e California. Di questi, stando ai sondaggi Biden è avanti in cinque, con un testa a testa con Sanders e Warren in California. Ma la realtà è che i sondaggi non tengono ancora conto del miliardario tre volte sindaco di New York, che ha puntato tutto proprio sul supermartedì per lanciare la sua candidatura e imporsi come l’unico vero sfidante in grado di battere Donald Trump. E intanto i dati a livello nazionale lo danno già avanti al tycoon, anche se di un niente. Mentre per Biden al momento la vittoria sarebbe più netta, almeno di 4,5 punti. Ma nelle prossime settimane dovrà lavorare molto per scrollarsi di dosso l’immagine debole e tentennate finora mostrata, ed imprimere una svolta alla sua candidatura evitando un clamoroso flop.

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