Pronto alla sfida in aula
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
GOVERNO/ULTIMA CHIAMATA DEL PREMIER CONTE AI MODERATI

di Serenella Mattera
ROMA. Contarsi di nuovo in Aula, registrare una maggioranza numerica anche su un tema divisivo come la giustizia. Giuseppe Conte sembra aver imboccato questa via. C’è ancora chi gli consiglia di dimettersi prima del voto in Senato sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede, per provare a incassare un “ter”. Ma senza aver stretto prima un patto politico per una nuova maggioranza, il passaggio sarebbe assai pericoloso. Dunque, si va alla conta. C’è in maggioranza la consapevolezza che dopo una sconfitta in Aula difficilmente il Quirinale potrebbe lasciare che il governo - e il suo premier - vadano ancora avanti come fatto fino a oggi. Ma la scommessa è che i numeri - magari complici alcune assenze in FI e una nuova astensione di Iv - ci saranno. Dopo, potrebbe aprirsi il ‘giro di valzer’ finale per allargare la maggioranza ai moderati di centro, ad (almeno parte di) Forza Italia e a una pattuglia di renziani di Italia viva. I numeri (e i nuovi gruppi) per andare avanti e arrivare a fine legislatura oggi non ci sono. Lo testimonia il fatto che al Senato si rischia di non avere i voti neanche per far slittare da mercoledì a giovedì il voto sulla giustizia. Lo registra il Pd, lo segnalano i timori crescenti tra i parlamentari di maggioranza. Non si può rischiare - inizia a trapelare dalle fila Dem e pentastellate - di precipitare verso le elezioni per il veto posto da Conte, ma anche dai vertici Pd e M5s su Matteo Renzi. Goffredo Bettini e Andrea Orlando in due assemblee locali Dem rassicurano che non è quello l’obiettivo, ma aggiungono che rischia di essere l’esito. Lo dice lo stesso Silvio Berlusconi, citando le scelte cui sarà chiamato il presidente Sergio Mattarella. Ma la scommessa del leader di Iv è che proprio per evitare il voto, inizi presto a vacillare la linea del Nazareno e dei vertici M5s secondo cui non c’è alternativa a Conte. Renzi ha deciso in questa fase di tacere e Iv ufficialmente non ha ancora scelto una linea: se arriveranno segnali positivi dal governo, c’è chi non esclude di astenersi. Ma secondo chi ha sentito il leader di Iv l’orientamento sarebbe il No alla relazione di Bonafede, perché è un voto “sul ministro non sul governo”. A quel punto per Conte si aprirebbe una sfida rischiosa perché i numeri, è il ragionamento, potrebbero essere assai risicati o mancare: anche i più dialoganti del centrodestra, da Fi, a Cambiamo e Udc, non possono votare a favore, Sandra Lonardo potrebbe astenersi e un ex M5s Lello Ciampolillo, che contro il ministro si schierava in passato, avrebbe difficoltà a dire Sì. Dalla maggioranza fanno un ragionamento diverso: non solo la linea del No potrebbe spaccare Iv - di qui una possibile virata verso l’astensione - ma alcune assenze ‘tattiche’ in FI renderebbero il passaggio meno problematico del previsto, perché non serve una maggioranza assoluta. Dal M5s negano che, come ipotizza qualcuno anche tra i Dem, Bonafede possa dimettersi prima della relazione. E gli uffici del ministro starebbero lavorando a una relazione che non tocca temi come la prescrizione ma pone al centro i fondi del Recovery fund e anche le riforme che l’Europa ci chiede, a partire da quelle già incardinate in Parlamento. Nella bozza del Recovery, dicono fonti vicine al ministro, i fondi per la giustizia sono saliti da 750 milioni a 2,750 miliardi: ben 2,3 miliardi dovrebbero andare ad assunzioni. Votare contro la relazione sarebbe - è il ragionamento - votare contro il Recovery fund. Basterà? Conte sembra pronto a verificarlo in Aula, per poi aprire la partita finale con i moderati di centro, magari passando da dimissioni e Conte ter, con la prospettiva di un’alleanza antisovranista. Non sfuggono al premier le pressioni di parte degli azzurri per le larghe intese. I gruppi di Fi, raccontano fonti di centrodestra, sarebbero in queste ore solcati da forti fibrillazioni, per la linea portata al Colle da Tajani con Salvini e Meloni, del voto anticipato. Ecco perché, raccontano, Berlusconi decide di intervenire con una nota, a sottolineare le larghe intese come via proposta da Fi, ma rifiutata da Pd e M5s. La spinta dei moderati, da Gianni Letta a Mara Carfagna e Renato Brunetta, sarebbe quella di farsi promotori dell’unità nazionale, in nome della responsabilità. Se gli alleati di centrodestra rifiutassero le larghe intese, c’è chi propone una maggioranza Ursula con Pd e M5s (e magari anche con Iv). Impossibile con Conte premier, dice Tajani. Ufficialmente nessuno si dissocia. Ma i contiani tengono aperto il dialogo con gli azzurri: che centristi e un gruppo di forzisti passino in maggioranza, è una via non ancora chiusa.
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