top of page

Raffica di guai per Trump

IMPEACHMENT/LA POSIZIONE DEL PRESIDENTE SI AGGRAVA. OGGI GIORNATA CHIAVE

di Ugo Caltagirone

ree

WASHINGTON. C’è un secondo funzionario dell’ambasciata Usa a Kiev che fu testimone della telefonata tra il presidente Donald Trump e l’ambasciatore Usa presso la Ue Gordon Sondland, avvenuta il 26 luglio scorso, due giorni dopo il colloquio - al centro dell’indagine per impeachment - tra Trump e il leader ucraino Volodymyr Zelensky. Sondland si trovava in un ristorante di Kiev e a rivelare la telefonata con Trump, in cui il tycoon ribadì la sua volontà di fare pressioni sul governo ucraino, era stato martedì l’ambasciatore Usa a Kiev Bill Taylor. Taylor aveva quindi testimoniato che alla chiamata tra Sondland e Trump era presente un suo assistente. Ora emerge che fu testimone anche un altro funzionario, Suriya Jayanti, a cui era stato assegnato il ruolo di accompagnare Sondland durante la sua permanenza nella città. “Un grande giorno per la verità” proclama intanto Nancy Pelosi all’indomani delle testimonianze che hanno dato il via alla fase pubblica delle indagini per impeachment. E se il presidente ha accusato i democratici di aver trasformato il Congresso in un circo mediatico che finirà solo per fare del male al Paese, la speaker della Camera ha parlato chiaramente di “abuso di potere” da parte dell’inquilino della Casa Bianca: stanno venendo fuori elementi tali da far impallidire le accuse mosse a Richard Nixon per lo scandalo del Watergate, ha attaccato Pelosi. In effetti le novità emerse dalle circa sei ore di racconto in diretta tv di Bob Taylor e George Kent, rispettivamente ambasciatore Usa a Kiev e sottosegretario di Stato con delega per l’Europa, aggravano la posizione del presidente. Trump appare sempre più coinvolto nelle pressioni fatte sull’Ucraina. Un pressing asfissiante perché il neo presidente Voldymyr Zelensky indagasse sui rivali politici di Trump, pena lo stop agli aiuti militari e il no alla visita del leader ucraino alla Casa Bianca. Ma per molti osservatori quanto emerso finora non sarebbe ancora sufficiente per arrivare alla stesura degli articoli per la messa in stato di accusa del presidente. Tutto dipenderà dalle prossime testimonianze, a partire da quella delle prossime ore dell’ex ambasciatrice Usa a Kiev, Marie Yovanovitch, fatta improvvisamente silurare da Trump lo scorso mese di aprile perché ritenuta “poco leale”. E quindi vista come un ostacolo sul fronte degli sforzi in atto per convincere l’Ucraina ad accogliere le richieste della Casa Bianca. Sforzi guidati dall’avvocato personale del tycoon, Rudolph Giuliani, che non a caso fu proprio il fautore della campagna diffamatoria nei confronti della diplomatica di lungo corso, convincendo Trump a sbarazzarsene. Un quadro, questo, che Yovanovitch ha già descritto nella testimonianza a porte chiuse di qualche settima fa, parlando di una politica estera ostaggio di complotti politici. E raccontando come ad un certo punto le fu anche detto che se voleva mantenere il suo incarico avrebbe dovuto twittare il suo chiaro sostegno al presidente Trump. Ora si attende che la diplomatica ripeta davanti alle telecamere la sua versione, magari aggiungendo altri dettagli. Anche se, fanno notare in molti, la donna lasciò il suo incarico prima della famosa telefonata del 25 luglio tra Trump e Zelensky. Ma la vera svolta alle indagini la potrebbe dare l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, anch’egli silurato in malo modo da Trump. Per ora la sua testimonianza non è prevista. Ma nel caso dovesse presentarsi davanti ai deputati potrebbe volersi togliere diversi sassolini dalle scarpe, magari - sperano molti democratici - allargando il campo delle indagini ad altri episodi e comportamenti del presidente. Sul fronte dei tempi, l’indagine alla Camera dovrebbe quindi chiudersi entro Natale. Se si voterà per l’impeachment, il caso approderà al Senato nel nuovo anno, quello delle elezioni presidenziali. Secondo le previsioni di Richard Burr, presidente della commissione Intelligence del Senato, il processo al presidente dovrebbe durare dalle sei alle otto settimane, più di quelle che nel 1998 riguardò Bill Clinton e che durò solo un mese, anche perché l’ex presidente ammise di aver mentito all’Fbi. I tempi lunghi potrebbero però creare problemi anche ai democratici, con le primarie che partiranno il 3 febbraio in Iowa. Intanto Vladimir Putin ha detto di augurarsi che il presidenteTrump sarà a Mosca per le celebrazioni del 9 maggio 2020, 75esimo anniversario della vittoria delle truppe sovietiche su quelle naziste.

Commenti


bottom of page