Sale la quint’ultima campata
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
PONTE GENOVA/L’INGEGNERE: ORGOGLIO E RESPONSABILITÀ PER UN’OPERA STRAORDINARIA

di Chiara Carenini
GENOVA. Una campata da 50 metri e il primo pezzo di un concio e poi un altro e un altro ancora. A guardarlo così, da lontano, a vedere lo spazio che si riduce il nuovo Ponte di Genova sarebbe capace di strappare un’emozione a chiunque. Da ieri, con il varo della quint’ultima campata da 50 metri, i passi verso la fine della parte in acciaio del Ponte di Genova diventano più piccoli e più veloci. Da ieri sera siamo a 910 metri: mancano, per finire, 154 metri ovvero tre campate e un pezzettino. Poi il Ponte che assomiglia a una nave, il ponte pensato da Renzo Piano, il ponte che è infrastruttura e simbolo insieme, monumento al ricordo di quella tragedia che si è consumata il 14 agosto 2018 e simbolo di coraggio e di rinascita, sarà finito. Tecnici, operai, dirigenti e ingegneri di Fincantieri Infrastructure, cui compete la realizzazione in acciaio del Ponte e che compone con Salini Impregilo la joint venture di Costruttori che si chiama PerGenova, hanno abbattuto molti ostacoli: il maltempo, il vento e infine la paura e l’incertezza per il coronavirus, il senso di lontananza dalle famiglie per arrivare fin qui. E adesso, è quasi finita. “Normalmente in questo periodo c’è l’entusiasmo di chi vede il completamento di un lavoro così difficile, perché siamo alla fine, i grandi problemi tecnici sono alle spalle. Invece viviamo queste fasi finali con una certa tensione perché dobbiamo tenere un controllo strettissimo da un punto di vista igienico-sanitario. Insomma, c’è una doppia sensazione: entusiasmo e orgoglio frenati dalla responsabilità”ha detto il vicecapo operazioni di Fincantieri Leonardo Lenti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il ponte che va veloce, campata dopo campata, concio dopo conci con l’Italia che sta a guardare perché quando anche l’ultima lastra d’acciaio sarà saldata chiunque saprà che tutto è possibile, che ce la si può fare, che si può vincere anche quando tutto scommette contro. Il programma a finire ha la poesia di un linguaggio tecnico che sembra incomprensibile: mercoledì si alzerà la seconda parte del concio a ponente poi si passerà alla chiusura dei vari con le campate P2-P3 e P11-P12 con quegli strand jack già utilizzati per i maxi vari delle campate da 100metri. In poche parole, mancano una manciata di metri. E quando l’ultima scintilla dell’ultimo flessibile si spegnerà sul ponte, si dirà che la spina dorsale dell’opera sarà conclusa. E poi ci sarà la soletta e asfaltatura, i guard rail e l’illuminazione e poi ci sarà l’inaugurazione e poi ci sarà il Ponte “simbolo - ha detto il governatore Giovanni Toti - di un’Italia che ce la fa e riparte”. Dovrà avere un nome, questo ponte: tra le maestranze e gli ingegneri di Fincantieri Infrastructure qualche idea c’è già. Perché “la sera ti guardi le mani poi ti volti e lo vedi lì e sei felice perché l’hai costruito tu. L’hai costruito per Genova - ha detto un tecnico Fincantieri - l’hai costruito con Genova perché sempre abbiamo sentito la città vicina. E allora, perché non chiamarlo ‘Ponte per Genova’?”.
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